Si fa presto a dire fase costituente. E cioè. Formare il corpo sovrano di una comunità. Stabilire da zero in teoria principi, regole e mete. Costruire una identità. Come in un contratto fondativo. Vecchio problema del diritto pubblico. Storico. Oggi ci provano i Cinque Stelle. Ed è subito scontro col garante Grillo. Già, perché fin qui la sovranità nei Penta era carismatica e movimentista. Non istituzionale. Salvo la boutade della piattaforma Rousseau e dei quesiti. Scarni e non partecipati. Tutto era fin qui sacrale e arbitrario. Movimento, popolo e capo: benedicente fiduciari e adepti. Un classico anche questo del populismo storico. Di destra e di sinistra.
Ma qui per il M5S c’è un doppio problema. Da un lato, la continuità con le origini, e dall’altro la rottura delle regole da instaurare, per incanalare un processo di partito civico di movimento. Conte entra allora in rotta con la guida sacra con cui stabilì un compromesso. La guida vuole almeno un iter guidato e concordato. Conte invece vuol partire da zero. La Guida per Conte non è più fonte di auctoritas e la sua idea di caminetto preliminare viene rigettata. Si veda il tutto nell’ampia intervista a Conte sul Corriere della Sera del 2 agosto. Che propone Conte? Sorteggio di 300 iscritti. Mail e proposte da tutti gli iscritti. I 300, assistiti da mediatori – scelti da chi? – riassumeranno poi il tutto in un odg o programma da sottoporre a congresso universale di cittadini e iscritti.
Le intenzioni sono buone. Tuttavia c’è un po’ di confusione. Perché un vero congresso prevederebbe delegati votati in circoli o alla base. E mozioni, oppure versioni diverse della stessa mozione. Uno scontro tra ipotesi in lizza. Oppure, con tutti i difetti del caso e solito arbitrio, le primarie con candidati alla segreteria. Qui invece c’è un gigantesco bussolotto di proposte, con 300 notai scelti a caso e pure mediatori custodi misteriosi. Comitato di saggi. Loro decideranno i modi del congresso e i temi da votare. Ha torto Grillo, certo, nel rivendicare il ruolo di Guida sovrana. Ciò è ormai arcaico. Ma la gigantesca procedura di Conte è confusa e assembleare del pari. Anche se l’istanza del congresso fondativo è laica e sacrosanta. I Penta sono ormai un partito. E allora devono strutturarsi in tal senso. Mediando tradizione e trasparenza democratica che renda il partito aperto e contendibile con linee in confitti e garanzie per minoranza.
E però a questo punto almeno una cosa è chiara. I Penta sono una forza civica e progressista. Il trasversalismo inevitabile delle origini è superato. Stanno dentro il campo del centro sinistra con proprie e legittime posizioni: guerra, pace, ambiente, legalità, reddito ecc. Ragionevole, dunque, il campo largo con loro. Tanto più che cadono i veti Renziani e tra un po’ anche quelli calendiani. Ma perché tutto questo appaia sempre più chiaro e incisivo, occorre un congresso vero. Che esprima un gruppo dirigente. Non un convegnone di proposte senza conflitto di linee, gestito da fedelissimi, fintamente neutro e tecnico. Residuo del vecchio populismo in nuova forma. Occorre, cioè, un partito movimento stabile, anche con momenti deliberativi e referendum su temi singoli. A forma definita e continua senza bisogno degli impulsi del capo. O non solo. Altro punto: gli USA e la geopolitica, l’Europa. Anche condivisibile la posizione di Conte su no a subalternità nella NATO. E contro guerra perpetua in Ucraina. Ma su Trump e Harris, ad esempio, non basta dire come fa Conte, “noi sempre in dialogo con USA”. Dovrebbe assumere una posizione chiara e coerente con la rivendicata collocazione progressista. Altrimenti ricomincerebbero le diatribe contro le ambiguità dei Penta e contro il famoso campo largo.