Nell’incontro di venerdì 2 agosto, la Stampa è stata invitata presso il cantiere EAV dei lavori di realizzazione del parcheggio interrato del Progetto EAV per Pompei, in corso a cura dell’Impresa Pizzarotti, dal Presidente EAV Umberto De Gregorio. Presenti anche il sindaco Carmine Lo Sapio e il Soprintendente ABAP per l’Area metropolitana di Napoli Mariano Nuzzo. I giornalisti, accorsi numerosi, sono stati informati sul ritrovamento di 35 tombe preromane risalenti al periodo tra terzo e secondo secolo avanti Cristo, emerse dalle quote profonde del piano della piastra di appoggio dell’invaso.
Dalla conferenza stampa però emerge anche un dato di grande valore per la Città di Pompei: la Soprintendenza, il Comune e l’EAV condividono una linea unitaria tesa a non ritardare il lavori pubblici di costruzione del Parcheggio EAV, di grande rilievo per la ricettività turistica e finalizzato a dare corpo e sostanza al Progetto EAV della eliminazione dei Passaggi a livello, con le realizzazione di idonee sottovie.
Al Sindaco Lo Sapio va riconosciuto però il merito di avere proposto pubblicamente al Soprintendente Nuzzo la propria disponibilità ad ospitare i reperti delocalizzati dal cantiere (dove altri reperti potranno comunque rimanere in una piccola zona musealizzata alla vista degli utenti EAV) nell’istituendo Museo Civico della Città di Pompei.
“Questa volta non sarà l’archeologia ad ospitare la municipalità ma succederà l’opposto”. E questo sarà lo slogan che connoterà la collaborazione tra Comune e Soprintendenza.
E che potrà essere speso a vantaggio della candidatura di Pompei a Capitale della Cultura Italiana 2027, anno che peraltro precede il centenario della nascita del Comune di Pompei del 2028. Un biennio di fuoco per il futuro della Città nuova e per il Comprensorio.
Ora, dunque, ci diciamo soddisfatti delle prospettive e in attesa di vederle concretizzate, mentre riserviamo al lettore alcune osservazioni di merito.
Quindi passiamo a riflessioni più meditate.
Riconosciamo infatti che il titolo dell’articolo è urlato, come si addice ai titoli dei giornali, ma non è esagerato, se è vera la notizia riguardante la statura degli esseri umani sepolti.
Dalle tombe ad inumazione emerse negli strati profondi – al di sotto del paleosuolo romano, a oltre nove metri e mezzo dal piano di campagna soprastante odierno e a circa un metro sotto il livello della falda acquifera del sito del cantiere, adesso tenuta bene a bada da una pompa idonea – si trovano corpi umani di inumati che, stando ai primi dati annunciati, toccherebbero il metro e settantacinque centimetri di altezza.
Una altezza gigantesca, se si pensa che, come è noto, il normotipo romano dei secoli della Roma Imperiale era altro poco più di un metro e sessantacinque centimetri!
Un vantaggio non indifferente, inoltre, per chi era bardato di corazze e armi pesanti da trasportare in lunghe marce o negli scontri ravvicinati.
C’è da dire che anche la modalità di inumazione appare essa stessa un mistero da dipanare.
Profili originali e inediti si ritrovano nel rituale che ha accompagnato la deposizione delle salme: ogni tomba è stata sistematicamente coperta da sette anfore.
Le anfore sono del tipo punico. Cioè, di fattura nordafricana. E recano bollo fenicio. Il corredo funerario sembra tradizionale e fatto di unguentari e lacrimatori. Ma…
I sigilli punici fanno pensare ad una comunità di origine nordafricana, presumibilmente collegata alle guerre puniche e quindi, abbandonando altre ipotesi suggestive, si può pensare a membri di una comunità collegata alle Guerra Annibalica, che vide appunto Annibale, durante il biennio degli Ozi di Capua, assediare la città di Nuceria e farla propria preda.
Il sito pompeiano del ritrovamento giace peraltro non lontano dal percorso di chi vada verso Nocera provenendo da Capua, ancora oggi, con percorsi veloci a monte Vesuvio.
Non ci sono fonti storiche note che parlino di Pumpàia durante la Guerra Annibalica, però è un dato storico l’accesa rivalità tra Pompeiani e Nocerini, coltivata a lungo in epoca Etrusca. Una avversione che sfociò nel primo “DASPO” della storia (?!). Usiamo la metafora sportiva perché nell’anno 59 d.C., per una rissa sanguinosa tra i due gruppi etnici nell’Anfiteatro Pompeiano, da Roma furono proibiti i ludi gladiatorii a Pompei per dodici anni.
L’episodio che diede luogo alla “squalifica” è riportato in un affresco pompeiano, oggi al MANN, proveniente dalla “Casa della rissa dell’Anfiteatro”.
L’affresco riprende con efficacia verista i luoghi dell’area dell’Anfiteatro e riporta correttamente alla sinistra di chi guarda il muro perimetrale della Palestra Grande, ancora là oggi. Ma sulla destra dell’Anfiteatro, in alto nel dipinto, sembra apparire in esso un Porta urbana da cui scappano alcune persone.
Potrebbe essere la mai più rinvenuta Porta Urbulana, forse cancellata dalla edificazione dell’Anfiteatro Pompeiano.
Questo dato pittorico del perimetro delle mura sosterrebbe però la tesi di una strada che passava poco lontano dalla necropoli appena ritrovata, a monte della via di Nuceria, attingibile forse meglio da chi provenisse da Capua, lungo una direttrice a monte del Vesuvio, poi ripresa dalla Via Popilia.
E’ solo una suggestione che lanciamo ai lettori, quest’ultima.
In conclusione, però, possiamo affermare, in estrema sintesi, che emerge dalle viscere della Pompei nuova quella che noi battezzammo e definiamo “La Terza Pompei”.
E’ la Pompei immanente, diversa dalla Pompei Antica e dalla Pompei Religiosa, che sono due Pompei già ampiamente famose nel mondo, ma nate soltanto nel Mille Settecento e nel Mille Ottocento. Questo ritrovamento, dunque, ha valore culturale enorme e contribuisce a lacerare i veli della nebbia della Storia e della Memoria che troppo spesso hanno offuscato la Pompei preromana, quella, per intenderci, Osca, prima che Sannitica e Campana.
La Pumpàia poco nota anche tra gli addetti ai lavori, perché sempre accantonata e negletta rispetto alla Pompeii romana. Ma la più antica delle tre Pompei.