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LE CITAZIONI: Euripide, Creusa violentata da Apollo

by Ernesto Scelza
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È Hermes a parlare, e narra l’antefatto dello Ione: lo stupro di Creusa operato da Apollo. Ed è la verità nascosta di questa violenza il punto attorno a cui ruota la tragedia di Euripide: il rimorso di Creusa per aver abbandonato il figlio appena nato, l’ambiguità di Apollo, che protegge il figlio ma non compare nella scena.

«Atlante, che con le sue spalle di bronzo logora il cielo, antica dimora degli dei, generò Maia da una dea, e Maia generò al grandissimo Zeus me, Hermes, il servitore degli dèi. Sono venuto qui a Delfi, dove Apollo siede sull’ombelico del mondo e vaticina sempre ai mortali il presente e ciò che accadrà.

In Grecia c’è una città non sconosciuta, che prende il suo nome da Atena, la dea dalla lancia d’oro: lì Apollo si unì con la violenza a Creusa, figlia di Eretteo, sotto l’Acropoli, tra quelle rocce volte a settentrione, che i sovrani dell’Attica chiamano Makrái. E come voleva Apollo, portò il peso del suo grembo tenendone all’oscuro il padre. Quando fu il tempo, Creusa partorì in casa, ma portò il neonato nella stessa caverna in cui si era unita con il dio, e lo abbandonò alla morte, deponendolo in una cesta rotonda, secondo l’usanza degli antenati e di Erittonio, generato dalla Terra: Atena gli aveva messo vicino due serpenti, come custodi, e lo aveva affidato alle Aglauridi. Da qui l’uso, per i discendenti di Erittonio, di crescere i figli con serpenti d’oro cesellato: la giovane donna, nel destinarlo alla morte, ornò il bambino con i monili che indossava. E Apollo, che è mio fratello, mi fece questa richiesta: “O fratello, vai presso il popolo di Atene gloriosa, originario di quella terra – certamente conosci la città della dea –, prendi il neonato che si trova in una grotta, con la cesta e le fasce, portalo a Delfi, al mio oracolo, e deponilo davanti all’ingresso del mio tempio. Al resto provvederò io, poiché è mio figlio”.

Per fare cosa gradita a mio fratello, l’Obliquo, presi il cestino e lo portai qui, sui gradini del santuario, lasciandolo semiaperto, affinché si potesse scorgere il piccolo. Al sorgere del sole la profetessa entrò nel santuario del dio, e alla vista del bambino si stupì che qualcuna delle ragazze di Delfi si fosse azzardata a deporre nel tempio di Apollo un suo parto segreto. Voleva cacciarlo via dal sacrario, ma sulla durezza prevalse la compassione: il dio era venuto in aiuto del figlio, affinché non fosse bandito dal tempio. Lo prende con sé e lo cresce, ma senza sapere che è figlio di Apollo, né chi sia sua madre: anche il bambino ignora chi siano i suoi genitori. Da piccino giocava tra le offerte degli altari, e quando divenne adulto gli abitanti di Delfi ne fecero il custode del tesoro di Apollo e il fidato amministratore di tutti i beni. E lui vive nel santuario del dio una vita di ininterrotta devozione.

Intanto la madre del giovane, Creusa, sposa Xuto: tra Atene e i Calcodontidi che abitano in terra di Eubea era scoppiata una guerra, e Xuto si batté a fianco degli Ateniesi fino alla vittoria; e anche se non era della stessa razza, ma acheo, figlio di Eolo, a sua volta figlio di Zeus, ottenne in sposa Creusa come tributo al valore. Ma anche se seminano il loro letto da molto tempo, Xuto e Creusa sono senza figli, e sono venuti all’oracolo di Apollo proprio perché vogliono averne. È stato l’Obliquo a spingere a questo punto la sorte, e non gli sfugge niente, a quanto sembra.»

Euripide, Ione (traduzione di Angelo Tonelli).