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Le tre riforme. Giustizia: Nordio garantista nel tentativo di tutelare i diritti

Tutto è migliorabile, ma sembra si vada nella giusta direzione

by di Luigi Gravagnuolo
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La prima, l’Autonomia: https://www.genteeterritorio.it/le-tre-riforme-autonomia-differenziata-se-la-partita-comincia-dal-3-a-0-per-il-nord/

La seconda, il Premierato: https://www.genteeterritorio.it/le-tre-riforme-il-premierato-stravolge-il-patto-fondativo-della-repubblica/

 

Delle tre riforme promosse dalla maggioranza di centrodestra quella che meno si espone al sospetto di incostituzionalità è quella della giustizia.

Essa si articola in due distinti Ddl a firma del guardasigilli Carlo Nordio: il primo, approvato il 15 giugno 2023, modifica alcuni articoli del Codice penale e del Codice di procedura penale; il secondo, di riforma costituzionale, approvato dal CdM lo scorso 29 maggio, prevede la separazione delle carriere dei magistrati.

Quest’ultimo, pur comportando necessariamente modifiche al testo della Costituzione, è meno rivoluzionario di quanto si creda. In realtà ad oggi un magistrato inquirente che voglia passare al ruolo giudicante può farlo una sola volta nella sua carriera e a costo del trasferimento di sede in un Tribunale distante da quello di provenienza. Così viceversa. Di fatto sono rarissimi i casi di passaggio di un magistrato da una funzione all’altra. La riforma ha più un valore simbolico – il potere politico è deciso a contenere quello giudiziario dal quale si sente ‘perseguitato’ – che fattuale. Senza con ciò sottovalutarne le valenze culturali. È ben evidente che la riforma, prescrivendo due diversi percorsi di carriera tra procuratori e giudici, a cominciare dalla loro formazione, passando per i concorsi separati fino all’istituzione di un doppio Consiglio Superiore della Magistratura, inciderà a medio termine sull’approccio degli uni e degli altri ai procedimenti giudiziari. Nell’immediato però cambierà ben poco.

Quanto al Ddl approvato in CdM lo scorso anno ed ora al vaglio delle aule, le modifiche del Codice penale non sono di natura costituzionale. Prevedono l’abolizione del reato di abuso di ufficio (art. 323 C.P.), una disciplina più stringente del ricorso alle intercettazioni telefoniche a fini inquirenti, la delimitazione del reato di traffico di influenza, le procedure per comminare agli inquisiti le misure cautelari e il divieto per i procuratori di far ricorso al secondo e terzo grado della giustizia nei casi in cui l’imputato venga riconosciuto innocente in prima istanza per i reati meno gravi.

Poche parole su ciascuna di queste misure. L’abolizione dell’abuso di ufficio, ancorché richiesta a gran voce dagli amministratori di tutte le parti politiche, lascia alquanto perplessi. Ci permettiamo qui di rinviare ad una nostra precedente disamina della problematica, aggiungendo che l’abolizione del reato indebolisce i cittadini di fronte al potere. Come farà il cittadino, che avrà fatto richiesta di accesso agli atti ai sensi della Legge 241/90 ed al quale il pubblico ufficiale non avrà dato seguito, a vedersi riconosciuti i suoi diritti? L’omissione di atto di ufficio è difatti una fattispecie dell’abuso di ufficio. E come si potranno contenere i favoritismi e nepotismi tanto frequenti nella nostra pubblica amministrazione? Il Ministro dice che ci sono altri articoli del C.P. che di fatto coprono tutte le fattispecie di abusi di ufficio. Ci permettiamo di dissentire. Meglio sarebbe stato emendare l’art. 323 del C.P. piuttosto che abrogarlo tout court.

Più condivisibili le altre rettifiche che si intendono apportare. Le intercettazioni ambientali a scopo di indagine non vengono impedite, solo si precisa il perimetro del loro utilizzo in sede procedurale e soprattutto se ne proibisce la diffusione sui media, salvo che nel caso che il loro contenuto non venga riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o non sia utilizzato da una delle parti nel corso di un dibattimento. Ci sembra giusto. Quante volte abbiamo letto notizie gossip, frutto di intercettazioni e spacciate per prove di reato, al solo scopo di denigrare l’imputato e di metterlo in cattiva luce nell’opinione pubblica?

Il traffico di influenza è un altro reato troppo superficialmente utilizzato nei procedimenti giudiziari allo scopo di colpire persone che semplicemente svolgono il loro lavoro di ponte tra un pubblico amministratore e i cittadini. Il collaboratore del politico di governo, nazionale o locale che sia, che dica all’interlocutore un banale ‘va bene, prendo nota, cercherò di fare il mio possibile’, rischia di essere inquisito per traffico di influenza. E si badi bene, è successo e succede ancora. Il Ddl Nordio, rispetto alla norma precedente, considera il traffico di influenza reato solo quando le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale sono effettivamente sfruttate, non solo vantate e/o asserite, e quando l’utilità data o promessa al mediatore per far realizzare al pubblico ufficiale un atto illecito sia economica, versata o promessa.

Ancora, non si potranno più ordinare misure cautelari restrittive della libertà dell’imputato senza averlo previamente interrogato – oggi troppo spesso prima lo si arresta, lo si lascia in cella per giorni e poi gli si spiega perché si è ordinato il suo arresto – e senza che un organo giudicante collegiale, non più il solo Gip monocratico, abbia ritenuta congrua la misura cautelare.

Infine, si stabilisce che “l’organo di accusa non può appellare le sentenze di proscioglimento per i reati oggetto di citazione diretta indicati all’art. 550 del Codice di procedura penale (contravvenzioni, delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla pena detentiva e altri reati specificamente indicati)”.

Restano invece appellabili “le decisioni di proscioglimento per i reati più gravi e le sentenze di condanna per i reati a citazione diretta nei casi in cui l’ordinamento vigente consente l’appello delle sentenze di condanna da parte del p.m. (per esempio: mancato riconoscimento di circostanze ad effetto speciale; riqualificazione del reato)“.

In breve: i due Ddl Nordio vanno nella direzione della tutela dei cittadini in senso garantista. Come tutte le cose della vita pubblica e privata sono migliorabili, emendabili, ma vanno nella giusta direzione. Quella dello Stato di diritto.