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In Francia prima la Gauche, a Macron non resta che fare asse

Un esito forse abbastanza prevedibile

by Bruno Gravagnuolo
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Per molti osservatori il risultato francese è stata una sorpresa. Ma in realtà l’esito era abbastanza prevedibile. La Francia ha sempre fatto barrage contro la destra estrema e in fin dei conti l’antifascismo è inscritto nelle sue radici fondative dal dopoguerra. E persino la borsa francese con i suoi rialzi aveva intuito che la desistenza di Macron e Melenchon avrebbe inchiodato al palo la Le Pen. Nondimeno quel che si prospetta oggi all’ indomani del voto resta problematico. Vediamo.

Abbiamo tre blocchi lì. Macron, Sinistra unita, destra Rn con ex gollisti. Il blocco più forte, di una decina di voti, è la Gauche. E lì dentro il socio di maggioranza è Melenchon. Circa 77 seggi, più della metà del Fronte. Ora Macron che pure fu ardito nel rilanciare la partita dopo le Europee, ha dinanzi due possibilità. La più gradita a lui e a tutti i moderati sarebbe un governo di minoranza. Con dentro metà della Gauche e magari Hollande. Un 200 voti. Esposti alla fiducia o meglio alla sfiducia – tale è il sistema francese – nonché a fratture interne. Non va dimenticato infatti che anche la Gauche atlantica vuole abolire riforma delle pensioni, fare patrimoniale, ripristinare welfare robusto, e magari anche su Ucraina ha qualche mal di pancia, specie su Force de frappe bellica etc. E con la Lagarde dai tassi alti e la Germania son dolori. Già hanno fischiato fallo di infrazione.

Poi c’è un altro punto. Nel 2025 si rivota per le amministrative. E questa volta Marin Le Pen, per non dir di un Melenchon escluso e in castigo, potrebbero far cappotto! E infine: come spiegare alla Francia che ha dato il primo posto al Fronte popolare, che è stato solo un trucco per sopravvivere? In questo senso quelli del Rassemblement National hanno ragione. E cioè. Vittoria solo rimandata con Melenchon a bombardare e infiammare le banlieue. Il 2027 poi è lontano e di qui alla disfida all’Eliseo tra Le Pen, Macron e Melenchon, c’è ancora Matignon. Perciò oggi gioca tutto a Matignon. Dunque?

Non c’è che una strada seria per Macron. Fare asse con tutto il Fronte cercando di blandire Melenchon. Dentro o anche fuori la maggioranza ma riconoscendone il ruolo. Quanto al tribuno convitato, anche lui dovrebbe capire e fare uno sforzo. Per incidere e contare, e non buttare la vittoria che ci fu, contro il centrismo liberale oltre che contro la destra radicale. Melenchon deve trovare la capacità di sgombrare il campo dalla taccia di antisemitismo. Con gesti semplici: si Palestina no Hamas. Concentrarsi sui programmi di giustizia. Risanamento periferie. Equità e saggezza green, senza oltranze che riscatenino i gilet. E pazienza per i green. Chiedere un’altra linea più netta e subito sui due stati in Palestina. E infine insistere sulla guerra in Ucraina, che va chiusa liquidando le oltranze di intervento di Macron.

La chiave per non buttare la vittoria e non riaprire la strada alla revanche di Marine Le Pen è questa. Uno sforzo generoso da statista equilibrato e saggio. Difficile. Se lo farà – e già disse Fronte unito a Matignon – potrà avere un ruolo anche se la Gauche moderata gli dicesse no. Altrimenti farà la fine dei socialisti in Italia nel 1921. Primi in parlamento con la marea fascista popolare ritornante. Lo Hic Rodhus hic salta storico di Melenchon resta questo, se non vuol condannarsi da vincente all’irrilevanza e alla sconfitta.