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Pompei, una tragedia dimenticata. Incontro col sindaco Lo Sapio

Un EVENTO per RICORDARE

by Federico L.I. Federico
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Ho cominciato a scrivere questo articolo nell’Ufficio del Sindaco di Pompei Carmine Lo Sapio per un’intervista. L’occasione mi è stata data dal Sindaco in persona, appena arrivato da Roma, dove lo scorso 2 di luglio è stato premiato da Confassociazioni CONFAPI come “Miglior Sindaco dell’Anno 2024”, alla presenza del Ministro Sangiuliano, il quale ne ha poi sponsorizzato la Conferenza Stampa presso la Camera sul Tema: “La politica dei Comuni al servizio della Cultura e della Bellezza: il Caso Pompei.”, presente anche Zuchtriegel.

Il sindaco Lo Sapio, appena rientrato a Pompei, mi ha invitato a raccontare a viva voce l’atroce episodio da me pubblicato sul GENTE E TERRITORIO del 20 giugno scorso: “POMPEI nel dopoguerra, la Tragedia della Bomba a mano”.

Il Dopoguerra a Pompei, infatti, durante l’Autunno del 1954, vide protagonisti quattro ragazzini che, appena usciti da scuola, mentre se ne tornavano alle proprie case, ubicate nella periferia agricola del centro urbano di Pompei, furono coinvolti dallo scoppio di un ordigno bellico inesploso.

I quattro abitavano nella zona della Via Ripuaria, che fino a poco più di venti anni prima era la strada che segnava il confine tra Scafati, Torre Annunziata e Gragnano. E i ragazzini frequentavano la Scuola elementare a Pompei, pur non essendo tutti residenti a Pompei.

Sì, perché Scafati, Torre Annunziata e Gragnano si “spartivano” il lungo fiume affacciandosi sulla riva sinistra idraulica del Fiume Sarno, a un passo da Pompei, fino a quasi tutti gli anni venti del Novecento.

Ed era così, per il semplice motivo che la località Valle di Pompei non esisteva ancora come Comune di Pompei, visto che il Comune fu poi istituito soltanto nella primavera del 1928.

Intanto, mentre aspetto di poter procedere all’intervista con il Sindaco Lo Sapio, mi vengono in mente cose e fatti di quel passato, che ormai appare molto remoto.

Penso per esempio al Polverificio Borbonico di Scafati, che – nei piani dell’avvocato Bartolo Longo – era destinato ad essere accorpato all’istituendo territorio comunale di Pompei.

Ma all’ultimo momento la solida borghesia scafatese – che mal sopportava la grande sottrazione di territorio che Scafati doveva subire per la “nascita” del nuovo Comune di Pompei – riuscì a “recuperare” il monumentale ex Polverificio, con l’annesso grande Parco, “sottraendolo” alla sottrazione per Decreto.

Insomma, il duro Duce supremo si era fatto ammorbidire da istanze e proteste provenienti da Scafati, lasciando nel territorio comunale di Scafati l’ex Polverificio, per completare il vero e proprio “puzzle territoriale” che fu necessario per far nascere il Comune di Pompei il 28 marzo del 1928.

I confini proposti e tracciati per la nuova Pompei si richiamavano in gran parte ai confini territoriali di competenza liturgica della antichissima Parrocchia del SS Salvatore in Valle di Pompei sorta nell’undicesimo secolo sulla sponda destra del fiume Sarno.

La Parrocchia segnava infatti il confine meridionale della Diocesi di Aversa e – dopo un paio di secoli – passò alla Diocesi di Nola. La chiesetta fino al Settecento rimase ubicata sulla riva destra del Fiume Sarno, più o meno ove ora sorge il Centro Commerciale La Cartiera. Poi la chiesetta fu demolita e quindi spostata nel centro di Valle di Pompei, dove riprese il titolo di Parrocchia nel 1840.

Ma ora, ripensandoci, osservo che in effetti la antica Parrocchia di Valle di Pompei era stata per lunghi secoli proprio in un sito molto prossimo a quello in cui due dei quattro ragazzini furono rapiti alla vita da una morte crudele, cruenta e drammatica.

I quattro, più bambini che ragazzini, transitando nel sito del piccolo ponte sul Canale Bottaro, videro sul greto del fondo del Canale – e, purtroppo, recuperarono con le proprie mani ignare ed innocenti – una cassetta contenente una decina di Bombe a mano inesplose.

Le bombe erano state abbandonate nell’acqua limpida del Canale Bottaro da qualche farabutto, incosciente e cinico, che non è stato mai più individuato. Per dirla tutta, devo anche riferire ai lettori che ho personalmente raccolto una ricorrente vox populi che racconta ancora oggi a mezza bocca che la responsabilità della strage sia attribuibile a un ex combattente, rientrato dalla guerra con il grado “maresciallo” alla propria casa, ubicata nei dintorni del luogo del misfatto. Questo ignoto “maresciallo” si sarebbe liberato di quelle bombe inesplose – inutili ormai a quasi dieci anni dalla fine del conflitto mondiale – gettandole senza scrupoli o altri accorgimenti nel canale Bottaro, nonostante gli avvisi pubblici con cui lo Stato segnalava i pericoli connessi agli ordigni inesplosi.

Ma il colpevole è rimasto ignoto e il mistero totalmente insoluto, anche a causa alle poche tracce lasciate dal tragico avvenimento postbellico negli atti del Comune e della Prelatura Pontificia, titolare della Scuola Elementare frequentata dai quattro ragazzini.

E, pensando al Canale Bottaro, mi viene in mente il Consorzio di bonifica integrale del comprensorio del Sarno, che allora svolgeva una proficua azione a livello comprensoriale sui bacini del Fiume Sarno, del Fiume Irno e dei torrenti vesuviani.

Fu in quegli anni che si registrò una notevole serie di incidenti da scoppio di ordigni inesplosi, che coinvolsero in numerose occasioni operai e “pulitori” di canali e sponde idrauliche consortili della rete del Fiume Sarno, allora oggetto di puntuale e periodica manutenzione.

Oggi – come tutti sanno – la situazione è messa molto peggio…

Ma l’arrivo del Sindaco Carmine Lo Sapio mi fa tornare alla realtà.

Lo Sapio entra subito in argomento, come è sua abitudine di “governo del fare”, ma anche perché è forte della lunga nostra frequentazione personale, legata alla militanza comune nel partito Socialista Italiano degli anni di Craxi e fino alla caduta del Muro di Berlino e, per oltre un decennio, negli stessi banchi del Consiglio Comunale.

La sua prima domanda immediata, diretta a me, è: “Federico, ti ho invitato a questo colloquio, perché il tuo articolo sulla tragedia postbellica verificatasi a Pompei, ha avuto un gran riscontro presso i nostri concittadini. Ma tu, perché non me ne ha mai parlato prima?”

Risposta: “Semplice. Quella tragedia fa parte della mia infanzia, molto lontana ormai. Nel prossimo Ottobre saranno passati settanta anni. Una vita fa, caro Sindaco. E poi, sappi che la incipiente vecchiaia concede il tempo di ripensare al passato, anche lontano. Ecco perché…”

Domanda: “Ma erano tuoi amici le due vittime? Quindi li conoscevi bene?”

Risposta: “Benissimo. Anche se la tragedia mi ha solo sfiorato, indirettamente. Le due vittime erano entrambe nella mia classe di quarta elementare, qui a Pompei nelle Scuole Pontificie di Via Sacra”.

Domanda: Come sai bene, io sono Pompeiano di adozione, essendo nato a Marigliano. Solo da giovane adulto mi sono trasferito qui a Pompei. Ma tu scrivi che hai contattato anche le famiglie Spinelli, Meccariello, Brugno, Rosa e altri ancora… che io conosco. Bisognerà organizzare un incontro, dopo l’estate. Perché il Comune dovrà farsi carico di questi due innocenti, vittime civili di guerra, dedicando a loro un evento e un ricordo perenne nella nostra Pompei”.

Le due vittime: Gabriele Rosa e Ciro Spinelli 

 

Risposta: Apprezzo molto la tua idea di un evento collegato alla memoria della tragedia e sosterrò personalmente la iniziativa attraverso il Giornale GENTE E TERRITORIO che – pur essendo di area vasta napoletana – ha ospitato la narrazione di una vicenda che è soprattutto pompeiana”:

Risposta: Mi fa piacere. Però io e te non possiamo dimenticare che Pompei è “Città della Pace Universale”, come volle definirla Bartolo Longo.”

E qui si è chiuso temporaneamente il mio incontro-intervista con il Sindaco di Pompei Carmine Lo Sapio, innescato dall’articolo da me pubblicato, in attesa di rivederci operativamente sull’argomento.

1 comment

Antonio 4 Luglio 2024 - 17:58

Interessante l’articolo di Federico Federico Libero Italico, in quanto rievoca la triste storia dei due ragazzini pompeiani ,di nome Ciro Spinelli e Gabriele Rosa, che all’epoca del tragico evento avevano nove anni.
Anche io sono nativo di questa città di Pompei, e mio padre nacque a Valle di Pompei, però ignoravo l’accaduto di questo tragico evento…
Un plauso a Federico, cultore della storia pompeiana, al quale vorrei suggerire di documentarsi sul nome di una strada cittadina, e cioè ” Via Campo Aviazione ” la quale dovrebbe stare ad indicare che quel posto, un tempo molto lontano, addirittura era la base logistica dei ” dirigibili ” che vi stazionavano, se ricordo bene… Sarebbe interessante scrivere su questo argomento, e portarlo a conoscenza dei cittadini pompeiani.
Grazie!

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