Non è possibile far rientrare in una delle categorie tradizionali del genere romanzo quest’opera: Punto di svolta di Alessandro Antonaia, Grausedizioni, 2024. La trama si svolge intorno a quelli che l’autore definisce punti di svolta cioè momenti in cui la vita ha avuto una forte sterzata, un imprevisto cambiamento. Il protagonista, Francesco Serrani, proveniente da una famiglia piccolo-borghese, è stato, negli anni ’70, un giovane politicamente impegnato nelle file di Lotta Continua, fortemente legato ad alcuni compagni, come lui decisi a cambiare il mondo. Persone come Piero, Marta, Giovanni che speravano, come tanti giovani dell’epoca, di portare equità sociale in una realtà sofferente e ingiusta.
Siamo a Napoli, solare e pericolosa, percorsa dal protagonista in tutti i suoi molteplici scorci, a volte leggibile, a volte intraducibile. Il primo fondamentale punto di svolta avviene nel febbraio del 1973, quando a Piazza Matteotti una violenta carica dei celerini con infiltrati di destra attacca i manifestanti di un pacifico corteo e massacra Piero. A questo punto avviene una manipolazione del tempo narrativo: l’autore rileggerà quegli eventi ogni volta con occhi nuovi, a seconda di come la sua anima in quel momento li sente. Tempo dell’anima dunque e non della memoria, il che consentirà al protagonista di scandagliare, approfondire e rileggere i fatti alla luce dei nuovi elementi che scopre in sé. Forte il senso di inadeguatezza, il profondo male di vivere che accomuna Francesco a Zeno Cosini della Coscienza. Un personaggio sfuggente, che non lascia mai niente al caso, ammirato dagli amici e dai compagni, forse non amato perché troppo difficile nelle relazioni personali. Apparentemente ironico ed allegro, sensibile, tormentato, mai sicuro nel profondo. Pur conoscendo le sue potenzialità, non riesce ad esprimerle o volutamente le nasconde e le mimetizza.
Altri sono i punti di svolta ma il meccanismo non cambia. Man mano che il racconto procede apprendiamo del lavoro attento ed approfondito nonché pieno di passione che il protagonista svolge in classe con i suoi alunni, è professore di filosofia, ma anche della diffidenza che suscita in colleghi gelosi e superficiali. Veniamo a conoscere Sara, la donna della sua vita, l’Augusta di Zeno, che rappresenta il rapporto sano e saldo con la realtà. Impariamo a conoscere le sue passioni: la poesia, la musica, il teatro, forieri di incontri importanti e più o meno duraturi, che lasciano tutti un’impronta indelebile nella coscienza di Francesco. Ed infine conosciamo il piccolo Luca, il figlio con cui il rapporto genitoriale si basa ancora una volta sulla difficoltà e il tormento di scegliere la giusta immagine da dare di sé come padre. Non è un personaggio in cui potersi facilmente identificare perché sfuggente, spesso ci si ritrova a disagio con la psiche che si arrovella, che scandaglia, che ci costringe a riflettere sulle nostre stesse superficialità e mancanze. L’eroe verso cui l’autore stesso ci spinge è Piero, il riferimento umano e spirituale di Francesco, l’unico che riesca a far rientrare i pensieri dell’amico in un recinto di realtà. Caro Francesco, ti devi convincere che non esistono punti di svolta per noi esseri umani, a meno che tu non creda a quelle boiate del tipo San Paolo folgorato sulla via di Damasco (pag.231). Spesso la figura di Piero si staglia nella sua terra, sulla statale delle Puglie, direzione Foggia, dura e difficile ma capace di offrire le sue ricchezze a chi la ama e la cura come fa da sempre il padre di Piero.
La caratteristica straordinaria del testo è il linguaggio, raffinato e prezioso, tecnico e specialistico quando necessario, poetico quando occorre, estremamente curato nella scelta linguistica e lessicale. Si entra con semplicità e quasi portati per mano per poi essere irretiti in una rete di parole evocative e avvolti in immagini e sensazioni che sollevano il lettore e lo inducono a guardare dall’alto il protagonista che combatte, lotta soprattutto con se stesso, in una strenua e continua autoanalisi. L’autore, Antonaia, è laureato in Ingegneria Chimica. Forse proprio la sua formazione scientifica gli ha consentito una pulizia nell’uso delle parole, una chiarezza strutturale nell’impostazione del periodo davvero sorprendente.
Cosa resta a Francesco, alla fine di questo percorso che si conclude nel maggio 2000 e cosa resta a noi? Resta la vita, quella cosa oscura che non ti attende mai, che scappa sempre in avanti come se temesse i tuoi respiri troppo profondi, le pretese che affollano i tuoi sogni, il tuo desiderio di rallentare il tempo, i tuoi dolori incomprensibili, i tuoi pensieri troppo fragili per reggere l’urto di un intero giorno. Resta la vita che qualche volta ti offre cose scandalosamente belle quando non gliele chiedi, non le pretendi.