“Il continente europeo porta il nome di una giovane, Europa, di origine straniera, senza radici, un’immigrata involontaria: il pluralismo delle origini e l’apertura agli altri sono diventati l’emblema dell’Europa.” Tzvetan Todorov ci ricorda che la pluralità e la diversità di culture sono per il nostro continente e per i popoli che lo abitano allo stesso tempo un’eredità e una prospettiva.
«Non sono mancati, in passato, i tentativi di rendere esplicita la dimensione spirituale e culturale dell’Europa. Così, all’indomani della prima guerra mondiale, il poeta e saggista Paul Valéry ne aveva proposto un’interpretazione capace di riscuotere un certo successo. Definisco europei, diceva in sostanza Valéry, i popoli che nel corso della loro storia hanno subito tre grandi influenze, quelle che i nomi di Roma, Gerusalemme, Atene possono simboleggiare. Da Roma si ereditano l’impero, con il potere statale organizzato, il diritto e le istituzioni, lo statuto del cittadino. Da Gerusalemme, o per meglio dire dal cristianesimo, gli europei hanno ricevuto la morale soggettiva, l’esame di coscienza, la giustizia universale. Infine, Atene ha trasmesso il gusto della conoscenza e dell’argomentazione razionale, l’ideale di armonia, l’idea dell’uomo come misura di tutte le cose. Chiunque possa vantare questa triplice eredità, concludeva Valéry, può a giusto titolo essere considerato europeo. (…) Da secoli, gli europei sono portati a coordinare e accordare tra loro ideologie di origine differente. Il pensiero greco giunge loro mediato dalla civiltà romana, che ha già compiuto, a sua volta, un lavoro di reinterpretazione. Il cristianesimo, poi, s’innesta su una religione anteriore, il giudaismo, che riprende e modifica a proprio uso. Ritroviamo qui l’intuizione di Valéry, ma senza ridurre l’identità europea all’una o all’altra eredità: è la loro pluralità stessa a essere rivelatrice. Quando nel rinascimento si moltiplicano i tentativi di amalgamare e armonizzare queste due grandi correnti già ibride (greco-romana e giudaico-cristiana), ci si impegna di nuovo in un’attività di conversione e di adattamento concettuale, che non può comunque dissimulare la molteplicità delle origini. Poi, accanto a queste due grandi correnti, molte altre fonti continuano ad alimentare l’identità culturale del continente. Grazie a questo lavoro di assorbimento, gli europei diventano capaci di adattarsi rapidamente al mutare delle circostanze. Il vantaggio che ne hanno si rivela chiaramente quando entrano in contatto con le popolazioni indigene d’America: molto più rapidamente dei loro antagonisti, essi comprendono l’organizzazione della società degli altri e il loro universo mentale, riuscendo così a perfezionare i propri progetti di conquista e di colonizzazione.»
Tzvetan Todorov, L’identità europea.