Un punto percentuale può fare molta differenza. La fa di sicuro in questo caso, con Forza Italia che nella notte chiude di 3 decimi sotto il 10%. Un punto percentuale in più delle scorse europee. Le ultime di Silvio Berlusconi. Per apprezzare la grandezza di questo singolo punto, fermiamoci un attimo e torniamo con la memoria al 12 giugno 2023. Muore il Presidente. E, tra gli analisti, parte la gara a chi fa la previsione più fosca su quanto gli sopravviverà il partito. La premessa è che, senza Silvio, Forza Italia non ha politicamente senso. È conoscenza comune, tipo l’idea che la carne vada sigillata perché non perda succhi, che il digiuno intermittente faccia dimagrire o che le creme antiaging combattano le rughe.
E come queste tre cose, anche quella granitica certezza si rivela gravemente imprecisa. Il 13 giugno, Sant’Antonio di Padova, a crederci è solo il successore, Antonio Tajani. Il quale, da uomo metodico e delle istituzioni, come prima operazione inizia a creare una legittimità interna basata sui congressi. Lo prendono per matto. Congressi, in Forza Italia? Come si può credere che nel più personale dei partiti personali un congresso possa sostituire il carisma? Sia anatema, pensa più di qualcuno. Il Segretario se ne frega e procede. Funziona tutto. Certo, parliamo di uninominali più che altro, ma la struttura c’è. Si arriva al nazionale e lui viene incoronato. Il partito viene sondato attorno al 7%. Poco, ma pur sempre qualcosa.
Tajani non ha piccole ambizioni: punta da subito a due cose, superare Salvini e fare il 10%. Lo guardano come fosse matto. Ma poi succede qualcosa di inaspettato. La Lega comincia a scendere. Lo spazio che intendeva occupare, naturalmente, era saturo. Ma i colpi di teatro di Salvini non solo non funzionano più, ma diventano controproducenti. Vannacci fa quello che può, ma sono perlopiù danni. Il Generale non ne ha tutta la colpa, è grandemente mal consigliato da gente che non ha come primo interesse il suo bene. E il compito è al limite dell’impossibile: risollevare un aereo in fiamme mentre si vola.
Eppure pare che ci riesca, pare che la Lega possa arrivare davanti a FI. Eppure, risollevare un aereo in fiamme è molto difficile, ma possibile. Battere la sfortuna che porta Salvini, invece, lo è assai meno. A urne aperte il burbanzoso segretario dichiara, sfidando la sorte e il ridicolo: batteremo FI. Forza Italia non replica, ma sorride.
Nella notte, il 10% viene evocato. Sarà solo sfiorato, alla fine, ma un 9,7% in queste condizioni vale anche di più forse. Ah, ovviamente Tajani arriva davanti a Salvini. Per apprezzare la cosa, va considerato che, se è vero, come è vero, che il partito che fu di Berlusconi fa il 20% nelle Isole, è pur sempre altrettanto vero che l’affluenza nelle Isole è del 36%. Insomma, il partito va benissimo in aree dove i numeri sono bassi. E questo pesa sul totale. Che è comunque sostenuto dal Nord Ovest, dove FI batte i sondaggi di un punto e mezzo, attestandosi al 9,38%.
Insomma, Tajani prende un partito a trazione meridionale, come abbiamo scritto anche su questo giornale più volte, e lo rende votabile al Nord. Se lo scopre De Luca (il fu Sindaco di Messina) rischia il travaso di bile. Il viaggio contrario della Lega. E l’operazione gli riesce così bene da meritare un applauso.
Adesso però viene il difficile. Forza Italia deve decidere cosa essere da grande. Perché quello che deve fare lo sa già e lo fa bene. Ma serve un’immagine più brillante per poter essere un partito che punta al 20% nazionale. Il tempo per raggiungere questo traguardo c’è, le capacità probabilmente pure. Resta da capire se ci sarà la classe dirigente. Il tempo del partito personale è terminato. Antonio Tajani deve realizzarlo e superare il culto del fondatore, se vuole fare di FI quella forza tranquilla di cui il paese ha tanto bisogno.