La narrazione -il narrare e il narrarsi- è centrale nella pratica psicoanalitica e non solo: Luigi Zoja afferma che “il racconto della vita è più importante della vita”. La letteratura è il racconto composto di parole. Forma relativamente moderna, perché le pitture rupestri sono ben più antiche e già trasmettevano per immagini una intenzione di narrare.
«La letteratura occidentale non comincia con un autore, ma con alcuni racconti, che chiamiamo “narrazione omerica”. Conosciamo i testi, ma non l’autore. Una convenzione lo chiama Omero.
Ulisse è giunto nell’isola dei Feaci, ma ancora non si è fatto conoscere. Il re Alcinoo decide finalmente di interrompere il cantore, che raccontava le gesta degli eroi accompagnandosi con la cetra. Chiede il nome dell’ospite e gli domanda perché piange ascoltando narrare “la distruzione di Troia, che gli dèi vollero, perché fosse cantata”. Noi moderni veniamo educati con paradigmi razionali, che derivano dalla scienza. Anche quando studiamo la irrazionalità degli antichi miti, dove divinità isteriche si immischiano nelle vicende degli uomini, siamo alla ricerca di una causa. Ci chiediamo: “Perché gli dèi vollero la distruzione di Troia?”. La città doveva esser responsabile di qualcosa: aveva forse offeso una divinità?
Gli dèi erano infatti permalosissimi, probabilmente perché in fondo sapevano di contare poco. Sopra di loro stava il destino, la forza universale che andava rispettata anche se non era conosciuta. Il racconto era una controfaccia nascosta del destino, il quale non voleva il bene o il male, semplicemente interveniva, decidendo cosa sarebbe sparito dalla memoria, e cosa, invece, sarebbe stato fissato per sempre (…).
La vita è limitata, il racconto e il mito sono eterni. Troia avrebbe anche potuto non esistere, ed effettivamente scomparve nella polvere, società vivente ridotta a nulla come i corpi di tutti i viventi. Ma è stata raccontata, e la sua narrazione è diventata immortale. Dobbiamo addirittura alla sua narrazione il fatto che, in seguito, la Troia reale, le sue pietre, siano state scoperte.
Se fosse sopravvissuta una Troia di pietra visibile, e fra i suoi edifici si fossero trovati i testi omerici, la nostra immaginazione non sarebbe altrettanto colpita. Ci impressiona di più il fatto che l’epica di Omero abbia conosciuto quel luogo infinitamente prima dell’archeologia, che sia passata dai racconti orali allo scritto, poi alla stampa, poi a un personaggio moderno, Heinrich Schliemann, il quale, letteralmente, smosse le montagne per scoprire l’antica città. Ecco l’immensa forza autonoma del racconto.»
Luigi Zoja, Il racconto, raccontato da uno psicanalista.