Foto di Gabriel Zuchtriegel.
Nelle scorse serate di sabato 25 e domenica 26 maggio ben 120 studenti/attori hanno aperto la stagione estiva del Teatro Grande di Pompei, che quest’anno negli Scavi sarà particolarmente ricca e prestigiosa. Ebbene, quei centoventi studenti/attori, nel percorso scenico/formativo – ormai noto come “SOGNO DI VOLARE” – hanno presentato al pubblico, straripante, partecipe e pronto agli applausi a scena aperta, l’evento scenico “PLUTO: GOD OF GOLD”.
Si tratta di una riscrittura dal grande poeta comico greco Aristofane, elaborata da Marco Martinelli, con le musiche di Ambrogio Sparagna eseguite da Antonio Matrone, Vincenzo Core, Erasmo Treglia, Tammorra Trio, artisti di caratura internazionale.
Il tema Aristofanesco – trattato dal commediografo nella sua ultima commedia a noi pervenuta – risulta quanto mai attuale, visto che tratta i massacri della Guerra e la iniqua distribuzione delle Ricchezze nel mondo.
Partendo da tale tema, “SOGNO DI VOLARE” – reduce dal grande e inatteso successo dell’anno scorso – stavolta ha messo sulla scena del Teatro Grande pompeiano il folto gruppo di studenti/attori e coro che hanno animato ogni suo spazio: dalla sua ima càvea, al suo retroscena nudo, fatto di mattoni che raccontano la storia tormentata e tragica della città distrutta dal Vesuvio, ma poi depredata, scavata e, a lungo, maltrattata dagli uomini.
Attori e coro sono adolescenti e giovani studenti di normali Istituti superiori, portati con maestria dalla Regìa a muoversi come un corpo unico, attivo e pulsante come un organismo vivo, che ha rimandato la memoria antica di chi scrive alla grande sperimentalità del Living Theatre.
Almeno la metà di questi giovani studenti/attori appartengono al territorio vesuviano che, dalle falde pedemontane del Vesuvio, arriva ad affacciarsi sul mare torrese-stabiese onusto di storia. Questo territorio straordinario va riconoscendosi come Comprensorio – come da sempre auspicato su queste pagine da chi scrive – e si va raggrumando culturalmente intorno alla Pompei Antica e alla Nuova Pompei, la quale intanto – come si sa – si è candidata per il 2027 a Capitale della Cultura della “Altra Italia”, quella che vuole scuotersi, per ribellarsi al declino materiale e culturale.
I ragazzi hanno dato così – attraverso il Teatro – risposta concreta all’esigenza di stabilire un legame effettivo con il patrimonio culturale d’appartenenza territoriale. Il Progetto è infatti realizzato anche grazie a un protocollo di intesa con l’Ufficio regionale scolastico della Campania e vede la partecipazione ampliata di numerose scuole: il Liceo E. Pascal di Pompei, l’Istituto Superiore E. Pantaleo di Torre del Greco, l’Istituto tecnico R. Elia di Castellammare di Stabia, il Liceo G. de Chirico di Torre Annunziata, grazie alla disponibilità illuminata dei relativi dirigenti scolastici.
Ma qui cediamo la parola a Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, in quanto il Progetto si deve a una sua intuizione, portata avanti, come egli afferma: “(…) per restituire al Teatro, per dirla con Aristotele, la sua funzione di catarsi, di purificazione delle nostre menti e anime attraverso il pronunciare una verità, a volte anche scomoda. La scelta di fare teatro è stata dettata dall’esigenza di coinvolgere i ragazzi delle scuole e farli sentire parte attiva di un progetto. Riconquistando il senso collettivo e politico e direi anche democratico del teatro. Il Teatro non a caso nasce in una società che forse per la prima volta nella storia comincia a valorizzare l’individuo, nella sua funzione politica e creativa: impiantando, attraverso un’analisi e una sintesi più contemporanea, anche un discorso sociale.
Poi Zuchtriegel continua così: “Gli autori, Eschilo, Sofocle ed Euripide, gli attori, il coro, erano innanzitutto dei cittadini, e il teatro diventava una festa comune, un rituale religioso. Nel VI-V secolo a.C., era la stessa comunità che si riuniva a teatro, e le vicende rappresentate erano le storie che la collettività raccontava a sé stessa.
Dopo le edizioni di “SOGNO DI VOLARE” del 2022 e del 2023, in cui sono state messe in scene le commedie Uccelli e Acarnesi di Aristofane, quest’anno 2024 è stata la volta di Pluto. Il progetto di Pluto, terzo della trilogia, è stato ancora curato da Marco Martinelli che con il suo team si è distinto già con il grande successo ottenuto da “Arrevuòto” nei primi anni Duemila, ma ha conservato e anche consolidato la propria capacità di “abbattere le ortodossie accademiche e recuperare il senso vitale del fare teatro”. Pluto è prodotto dal Parco Archeologico di Pompei con il Ravenna Festival, il Teatro Nazionale di Napoli, a cui si aggiunge quest’anno un gemellaggio con Vicenza e il suo “Olimpico”.
Marco Martinelli – fondatore insieme a Ermanna Montanari del Teatro delle Albe – è oggi tra i più importanti drammaturghi e registi del teatro italiano. Egli ha vinto ben sette volte il Premio Ubu come drammaturgo, regista e pedagogo. Le sue drammaturgie, peraltro, sono state tradotte, pubblicate e messe in scena in dodici paesi in Europa e nel mondo.
Volentieri chiudiamo quindi questo articolo con le sue parole: “Se in Uccelli avevamo esplorato il desiderio di utopia, se gli Acarnesi erano tutti protesi verso la condanna della guerra e l’esaltazione della pace, il Pluto è una favola commovente sulle ingiustizie che dilaniano la terra, legate al denaro come unico Dio da venerare”.
Pluto, appunto: ma la regia di Martinelli, innovando il testo arcaico, lo ha felicemente affidato alle improvvisazioni dei giovani i quali – come attori veraci, nel loro squillante dialetto napoletano “parulano” – hanno avvinto la platea degli spettatori adulti.