“I dispiaceri del vero poliziotto” è un progetto concepito da Roberto Bolaño già alla fine degli anni Ottanta, e terminato solo con la sua morte: in una lettera ne parla come “Il mio romanzo”. Il libro incorpora materiale di altre opere, e vi incontriamo i personaggi che appartengono al mondo letterario dello scrittore cileno.
«Alla radice di tutti i mali, pensava a volte Amalfitano, si trova la mia ammirazione per gli ebrei, gli omosessuali e i rivoluzionari (i rivoluzionari veri, i romantici e i pazzi pericolosi, non gli apparatcik del Partito Comunista Cileno né i suoi deprecabili gorilla, ah, quegli esseri grigi e spaventosi). Alla radice di tutti i miei mali, pensava, si trova la mia ammirazione per certi drogati (non poeti drogati, né artisti drogati, ma drogati e basta, tipi rari da trovare, tipi che si nutrivano di se stessi quasi alla lettera, tipi che erano come un buco nero o come un occhio nero, senza mani né gambe, un occhio nero che non si apriva mai o non si chiudeva mai, la Testimonianza Perduta della Tribù, tipi che sembravano schiavi della droga nella stessa misura in cui la droga sembrava la loro schiava). Alla radice di tutti i miei mali si trova la mia ammirazione per i delinquenti, le puttane, gli squilibrati, si diceva Amalfitano con amarezza. Nell’adolescenza avrei voluto essere ebreo, bolscevico, negro, omosessuale e mezzo matto, e come se non bastasse monco, ma sono diventato solo un professore di letteratura. Meno male, pensava Amalfitano, che ho potuto leggere migliaia di libri. Meno male che ho conosciuto i Poeti e che ho letto i Romanzi. (I Poeti, per Amalfitano, erano esseri umani splendenti come un lampo, e i Romanzi, le storie che nascevano direttamente dalla fonte del Don Chisciotte). Meno male che ho letto. Meno male che posso ancora leggere, si diceva tra scettico e speranzoso.»
Roberto Bolaño, I dispiaceri del vero poliziotto (traduzione di Ilide Carmignani).