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Università americane in rivolta, non più solo Ivy League

by Vincenzo Pascale da New York
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Le proteste degli studenti delle università americane vanno estendendosi dalla Costa Est, dove sono cominciate, alla Costa Ovest. Non solo università Ivy League, le più prestigiose accademicamente e solitamente frequentate dai figli e figlie delle élite americane, ma anche le università pubbliche, come la City University di New York, frequentate da ragazzi di estrazione “working class”, spesso prima generazione familiare a frequentare l’università. I motivi delle proteste, che stanno sfociando nella violenza e non più solo nella pacifica occupazione dei suoli universitari, li conosciamo. O almeno pensiamo di conoscerli. Solidarietà alla popolazione di Gaza, bombardata dall’esercito israeliano dopo il pogrom del 7 ottobre di Hamas. Ma se la protesta umanitaria mira a sensibilizzare il Presidente Biden a prese di posizione differenti, magari più dure, verso la politica mediorientale, la risposta di Biden è arrivata immediatamente. No. Non cambierà la sua politica  sul Medioriente.

L’altro punto che merita una più attenta analisi è quello che collega le maggiori università USA a relazioni commerciali, investimenti e forniture di know-how tecnologico con Israele, ma non solo. Anche con altri Paesi notoriamente repressivi verso gli oppositori, come la Russia e la Cina. Pensiamo al capitale sociale di Harvard: ammonta a 52 miliardi di dollari, maggiore di quello di tanti Stati sovrani. Ma gli studenti criticano queste politiche universitarie di collaborazione e scambi in primis con Israele. E’ ovvio, allora, che se questa fosse la reale ragione della protesta essa arriva con grande ritardo. Certo, esiste la via della trasparenza. Le università dovrebbero rendere le donations ricevute accessibili alla valutazione di un comitato di garanti. Indicare chiaramente le relazioni accademiche e di ricerca, non solo con Israele ma anche con la Russia (a proposito: diversi figli di oligarchi russi studiano alla Columbia University, i figli delle élite del Partito Comunista Cinese anch’essi studiano nei migliori campus USA).

Il movimento, le occupazioni, difficilmente scalfiranno questo trend di donazioni o rallenteranno le collaborazioni scientifiche. Soprattutto a causa della mancanza di un preciso e chiaro obiettivo, potrebbero anzi favorire quel desiderio di Law & Order che in questi momenti sorge. Ora i Presidenti delle università si sentono assediati, colti tra la protesta studentesca e chi vuole lo sgombero dei campus (l’opinione pubblica e una larghissima fetta del mondo politico americano). La posta in gioco è alta. Il leader della maggioranza politica al Senato americano , il newyorkese Chuck Schumer, è stato chiaro: bisogna agire contro chi infrange la legge per evitare un Trump 2.