Assegnato lo scudetto all’Inter – ci torneremo tra un attimo – e condannata alla retrocessione la Salernitana, le quattro giornate che restano da disputarsi hanno senso solo in coda, per decidere chi farà compagnia ai granata in serie B e sul lato sinistra delle classifiche, per capire chi andrà in Europa.
In coda sono a rischio sei squadre, due di esse retrocederanno. Tra esse la peggio messa è il Sassuolo, protagonista di un campionato di assoluta mediocrità. Poi le altre. Nell’ordine: Cagliari, Verona, Frosinone, Empoli e Udinese. Diamo uno sguardo al calendario.
Il Cagliari deve affrontare il Lecce ormai virtualmente salvo e il Milan, privo di motivazioni e con l’allenatore al capolinea. Due su quattro sono dunque alla sua portata, quanto meno per due pareggi. Altre due partite invece sono complicate: lo scontro diretto con il Sassuolo al Mapei Stadium e quello con la Fiorentina, che si giocherà l’Europa. Buone chance di salvezza per gli isolani, a mio avviso.
Al Verona, protagonista di un sorprendente girone di ritorno dopo aver smantellato la squadra a gennaio, toccano nell’ordine la Fiorentina, il Toro, la Salernitana e l’Inter. Solo quella con i gigliati è una partita ad alto tasso agonistico. L’Hellas ce la può fare. Poi, concluso il campionato, vedremo cosa farà la giustizia sportiva in relazione ai guai giudiziari del presidente.
Il Frosinone ha due scontri diretti – Empoli e Udinese – e due partite senza pathos, Inter e Monza. Il problema dei ciociari è lo stato di forma, scadente al momento. È a forte rischio.
Empoli. Tutte partite toste. Due contro le due romane, in lotta per l’Europa che conta, e due scontri diretti. Può contare sulle proverbiali capacità taumaturgiche di mister Davide Nicola, ma non è facile. Alto rischio.
Infine l’Udinese rinfrancata dall’ingaggio del nuovo mister, Fabio Cannavaro. Ad oggi starebbe in Serie B e lunedì prossimo affronterà l’enigmatico Napoli, partita imprevedibile. Poi tre scontri diretti. Conteranno gli occhi della tigre.
Lasciamo stare per oggi la ressa per l’Europa e diamo il giusto spazio ai campioni, alla magnifica Inter del direttore Beppe Marotta, di mister Simone Inzaghi e dei grandi calciatori della sua rosa.
Il suo campionato ha avuto il ritmo regolare dell’elettrocardiogramma di un cuore sano. Dalla prima all’ultima giornata mai un colpo a vuoto, un soffio al cuore. Migliore difesa (solo 18 reti subite finora) miglior attacco (81 reti) un centrocampo favoloso, fatto di muscoli, grinta e qualità. Se non sarà smantellata, questa squadra avrà aperto un ciclo che durerà per qualche anno. Spiace solo per l’eliminazione dalla Champions ad opera dell’Atletico Madrid. Lo scorso anno aveva giocato la finale, peccato, la Serie A avrebbe meritato quanto meno le semifinali.
L’estate scorsa, tallonata dai petrodollari della Saudi League e dalle sterline della Premier, l’Inter aveva perso fior di campioni: Dzeko, Handanovic, Skriniar, Brozovic, Onana, Gosens, Correa. Cosa avrebbe fatto in campionato e nelle coppe? Ce lo chiedevamo in tanti. Ebbene, Beppe Marotta ha fatto il miracolo: Sommer, uno dei migliori portieri in circolazione, chissà perché sottovalutato dagli opinionisti che vanno per la maggiore; il grezzo ma combattivo Thuram, destinato a crescere ancora, preso a costo zero; l’affidabile Frattesi; e poi Bissek, Cuadrado, Arnautovic, Sanchez, Acerbi tutti presi a saldo o quasi. Unica spesa importante quella per Pavard dal Bayern. Mercato chiuso con un attivo di settanta milioni e squadra ancora più forte di quella dello scorso anno. Tre protagonisti su tutti: Sommer, sicurezza tra i pali e impeccabile regista difensivo; Calhanoglu, esploso finalmente a livelli stratosferici; e Lautaro Martinez, il capitano, capocannoniere e vero leader dello spogliatoio. Ciò, beninteso, senza nulla togliere agli altri campioni. Chapeau!