Non c’è alcun collegamento ideologico tra l’attuale festività del 1maggio e le Floralia, feste che si celebravano nell’antica Roma. Nell’Urbe tra fine aprile e inizio maggio si festeggiava il culto della dea Flora, divinità di ascendenza greca. Ella, narra Omero, era riuscita, attraverso il dono di un fiore, a fecondare Era, la madre degli dei da cui era nato Ares. Inseminazione artificiale ante litteram perché Era, racconta il mito, era gelosa del fatto che Zeus avesse generato autonomamente, dalla sua testa, Atena. Oltre ai greci, nel corso dei secoli, Flora fu venerata dai popoli italici che l’associarono sempre ad eventi positivi, come la primavera e la fioritura degli alberi. Il suo culto si sviluppò anche a Pompei, dove era cara soprattutto alla gioventù locale. Durante i Floralia il clima era molto allegro: danze, mimo, sfilate con abiti colorati a ricordare la molteplice varietà dei fiori. Quindi, dopo un inverno rigido, i cittadini romani pregavano Flora perché la sua benevolenza potesse garantire un buon raccolto e l’arrivo al più presto della stagione primaverile.
Ben altra storia è alle spalle della celebrazione del moderno 1° maggio. Il 1° maggio del 1866, a Chicago, fu indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti per ridurre la giornata lavorativa a 8 ore. La protesta durò 3 giorni e culminò, il 4 maggio, col massacro di Haymarket, in cui morirono 11 persone, tra cui lavoratori scesi in piazza a protestare. Alla fine, però, l’orario di lavoro di 8 ore diventò legge. L’istituzionalizzazione della celebrazione si ebbe con il Congresso di Parigi del 1889, dove il Primo Maggio fu dichiarato ufficialmente Festa Internazionale dei Lavoratori, proprio in ricordo del massacro dei lavoratori di Haymarket.
Nessuna correlazione, dunque, tra l’antico e il moderno. Eppure in questo periodo così difficile per l’umanità intera, in cui il tema del lavoro sembra essere uno dei tanti problemi e forse non il principale, ci piacerebbe creare una sinergia culturale con il passato remoto. Il comune denominatore dovrebbe essere la parola rinascita. Se dal freddo dell’inverno la stagione primaverile ri-nasce, dall’odio, dai muri, dalla povertà culturale ed economica, dalla violenza bellica, dai femminicidi dovrebbe ri-nascere quel sentimento di bellezza che solo può salvare il mondo.
Dopo un inverno rigido in cui l’umanità si è nascosta dietro le armi, speriamo che il 1° maggio segni l’inizio del tempo del buon raccolto e della stagione primaverile. E che Flora, come una Grande Madre, volga il suo sguardo benevolo verso il nostro povero e arido mondo.