Avere a che fare con la disabilità, lavorare quotidianamente con bambini, ragazzi che appaiono diversi in un contesto cosiddetto normale, può creare situazioni spiacevoli, al limite della correttezza deontologica. E’ successo ad Afragola dove, il 7 febbraio, in un incontro sul bullismo che si teneva in palestra quindi a classi riunite, un bambino autistico di 11 anni è stato allontanato su invito della Dirigente Scolastica perché pare stesse disturbando i partecipanti. Nel video si vede l’insegnante di sostegno accompagnare il ragazzo fuori dalla palestra. La preside ha motivato questa scelta dicendo che l’intento era quello di ricreare intorno al piccolo un ambiente più raccolto, quindi più sereno, per poi in un secondo momento consentirgli di ritornare tra gli altri. Sta di fatto che la madre ha detto parole molto dure me l’ha cacciato via come un cane che stava abbaiando.
Ricordate le classi differenziali, dove come in un ghetto, separato dal contesto degli altri alunni, erano riuniti i bambini diversi? Con l’abolizione di questo abominio nel 1977 e la nascita degli insegnanti di sostegno, il lavoro vero è stato quello di gettare le fondamenta per un rapporto di inclusione che coinvolgesse famiglia e scuola, intesa in tutte le sue componenti dal DS ai docenti al personale Ata. La vicenda di Afragola mostra come ancora tanto si debba fare. Forse per la preside, in quel momento, contava più che l’evento si svolgesse senza intoppi che il benessere del bambino. Eppure avrebbe potuto coinvolgere i presenti, creare una condizione di condivisione più che di esclusione.
La DS non ha scusanti ma è pur vero che la scuola è ormai da anni stretta da sollecitazioni di ogni genere: progetti, iniziative didattiche a volte decisamente fantasiose, PCTO. Quello che di fondamentale c’è nella didattica, la centralità dell’alunno passa in secondo piano. Ovviamente il comportamento non solo della Preside ma di tutto il personale scolastico presente in quella palestra è da stigmatizzare. Nessun docente, neanche quello di sostegno ha pensato che non fosse né giusto, né corretto, né educativo allontanare un bambino. Faceva comodo a tutti obbedire agli ordini, non pensare, non porsi in maniera critica rispetto ad una scelta forse dettata da nervosismo e stanchezza. E’ la banalità del male, si può fare del male senza essere malvagi. Tutte le persone spaventosamente normali lì presenti non hanno minimamente pensato alle conseguenze di ciò che facevano ed hanno obbedito. Nessuna responsabilità individuale riconosciuta. Tanto più grave questo comportamento perché rivolto ad un soggetto particolarmente fragile ed esposto e sulla cui integrazione si spendono tante inutili parole.
Dovrebbe cambiare la mentalità di tutti noi nell’accettare, amare ed includere chi da solo, per motivi diversi, non può farcela. Del resto, che significa essere diverso? La diversità fa paura, disturba, mette a disagio. Quindi meglio nascondere, allontanare, separare.
C’e’ ancora troppa inadeguatezza ad accogliere il diverso perché troppo presi solo dai programmi ministeriali e dalla normalizzazione… Siamo veramente indietro, culturalmente, professionalmente, umanamente. Queste le parole di Luca Trapanese, padre di Alba, bambina down, la cui vicenda di adozione ha commosso tanti e che con la sua storia di inclusione, felicità familiare assoluta sta facendo molto perché la mentalità cambi.
Fine della storia: la preside si è scusata dicendo che forse aveva sbagliato nei modi ma che le sue intenzioni erano buone. Storia di ignoranza, pressappochismo, superficialità e tant’è.