Il Museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” nella giornata del 4 marzo 2024 si è mostrato nella sua nuova veste museale ai giornalisti e agli addetti ai lavori accorsi in anteprima alla presenza del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Il Museo, infatti, riaprirà al pubblico il 6 marzo. Esso presenterà ai visitatori un percorso museale nettamente ampliato e, a seguire, depositi visitabili e una Scuola di formazione e digitalizzazione.
Il Ministro Sangiuliano è arrivato a Castellammare accompagnato dal Direttore Generale dei Musei Statali, Massimo Osanna, fresco di dichiarazioni giornalistiche riguardanti la destinazione di buona parte del Real Albergo Poveri a contenitore museale diverso dal MANN, in cui “andremo a creare un luogo dedicato alla storia della riscoperta dei siti vesuviani e un Museo Pompeiano il quale (…) si estenderà per più ottomila metri quadri, e avrà almeno venti sale, bookshop, caffè e una terrazza panoramica al quinto piano”. Mentre rimandiamo a ulteriori articoli la questione – forse posta troppo d’emblée – torniamo al Quisisana, nuova e degna sede dello storico Museo Stabiano recentemente dedicato a Libero d’Orsi.
Al Quisisana, orfano degli ippocastani borbonici monumentali, ma almeno oggetto di intenso rimboschimento con i lavori in corso, il Ministro ha incontrato il Direttore Generale del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, il Generale Direttore del grande Progetto Pompei Giovanni Capasso, il Prefetto Capo della Commissione Straordinaria del Comune di Castellammare di Stabia, Raffaele Cannizzaro, la Direttrice del Museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi”, Maria Rispoli, e il Prof. Carlo Rescigno dell’Università Luigi Vanvitelli.
Il Museo stabiano, ai tempi “eroici” di Libero D’Orsi, sostenuto dall’intellighentia stabiese e dal suo collega e amico Angelo Gonnella, preside molisano del Liceo Plinio Seniore, fu per decenni ospitato nei seminterrati del Liceo, poi ridotti ingloriosamente alla inagibilità, e fu dal 2020 spostato negli spazi della Reggia di Quisisana, edificio dal cuore profondo Angioino, rivalutato poi in epoca Borbonica e strappato alla distruzione definitiva da interventi pubblici post sisma 1980.
I lavori eseguiti negli ultimi anni, in particolare per la sua destinazione a Museo, sono stati presentati al Ministro. Il Parco Archeologico di Pompei, sotto la guida di Zuchtriegel ha fatto complessivamente un ottimo lavoro. Le sale espositive sono raddoppiate e custodiscono in bellavista oggi la collezione di opere provenienti dalle ville del territorio stabiese per un totale di oltre 500 reperti esposti: dipinti murali, suppellettili in ceramica e bronzo, arredi marmorei.
Noi abbiamo apprezzato l’apertura della comunicazione culturale museale affidata alla interattività digitale – che riteniamo debba essere però implementata in futuro – per fornire al visitatore la conoscenza della realtà peculiare delle villae romane d’otium, lussuose residenze della grande aristocrazia romana in cui corpo e spirito si “ricreavano” alla vista del panorama aperto sul mare del Golfo di Napoli, visto da Stabiae, già conquistata, vinta e rasa al suolo da Silla. Poi rinata come territorio popolato di villae rustiche e d’otium e, sostanzialmente, come porto di Nuceria.
E’ questa una ulteriore specificità della poliedrica realtà dell’Archeologia vesuviana, lontana da quella diversa della vicina Pompei: città popolosa, frenetica e interclassista.
Nella visita, in particolare abbiamo apprezzato l’iniziativa di valorizzazione dei depositi del complesso, non visti soltanto come luogo di stoccaggio ma di conservazione ragionata e fruibile dagli esperti, ma non soltanto da essi, in quanto aperti al pubblico.
Prima di chiudere ci piace ricordare al lettore che il capitano Massimiliano Croce, Comandante del Nucleo Carabinieri della Tutela Patrimonio Culturale, ha presentato il recupero di circa 125 reperti archeologici frutto di operazioni condotte in collaborazione con i nuclei omologhi di Napoli e Torre Annunziata, d’intesa con il Parco archeologico di Pompei – Area Tutela, nei confronti di un collezionista privato della provincia di Salerno. I reperti, di area campana, saranno affidarti in esposizione al rinnovato Museo Archeologico Stabiano nell’ottica dell’operazione strategica di valorizzazione dell’Archeologia vesuviana, all’interno del progetto della Grande Pompei: un universo diffuso di Storia, entro cui insistono le aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Stabia, Oplontis, Boscoreale e tutto il territorio circostante, già connesso dalla Buffer Zone UNESCO.