Nel Capitolo XI del I libro dei “Discorsi”, “Della religione dei romani”, Machiavelli dedica particolare attenzione a Savonarola, laddove pone il problema del significato e del valore della religione nella costituzione degli Stati.
«Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione introdotta da Numa fu intra le prime cagioni della felicità di quella città: perché quella causò buoni ordini; i buoni ordini fanno buona fortuna; e dalla buona fortuna nacquero i felici successi delle imprese. E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle republiche, così il dispregio di quello è cagione della rovina d’esse. Perché, dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini, o che sia sostenuto dal timore d’uno principe che sopperisca a’ difetti della religione. E perché i principi sono di corta vita, conviene che quel regno manchi presto, secondo che manca la virtù d’esso. Donde nasce che gli regni i quali dipendono solo dalla virtù d’uno uomo, sono poco durabili, perché quella virtù manca con la vita di quello e rade volte accade che la sia rinfrescata con la successione, come prudentemente Dante dice:
Rade volte discende per li rami
L’umana probitate; e questo vuole
Quel che la dà, perché da lui si chiami.
Non è, adunque, la salute di una republica o d’uno regno avere uno principe che prudentemente governi mentre vive; ma uno che l’ordini in modo che, morendo, ancora la si mantenga. E benché agli uomini rozzi più facilmente si persuada uno ordine o una opinione nuova, non è però per questo impossibile persuaderla ancora agli uomini civili e che presumono non essere rozzi. Al popolo di Firenze non pare essere né ignorante né rozzo: nondimeno da frate Girolamo Savonarola fu persuaso che parlava con Dio. Io non voglio giudicare s’egli era vero o no, perché d’uno tanto uomo se ne debbe parlare con riverenza: ma io dico bene, che infiniti lo credevono sanza avere visto cosa nessuna straordinaria, da farlo loro credere; perché la vita sua la dottrina e il suggetto che prese, erano sufficienti a fargli prestare fede. Non sia, pertanto, nessuno che si sbigottisca di non potere conseguire quel che è stato conseguito da altri; perché gli uomini, come nella prefazione nostra si disse, nacquero, vissero e morirono, sempre, con uno medesimo ordine.»
Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio.