Sono le parole conclusive deI “Trattato sul Governo di Firenze” scritto da Girolamo Savonarola direttamente in volgare e dato subito alle stampe, poco prima che il frate fosse scomunicato, imprigionato e sottoposto a tortura; e -infine- impiccato, arso sul rogo e sparso in ceneri in Arno nel maggio del1498. È un trattato politico che si accompagna a una riforma religiosa (la “renovatio ecclesiae”), ma è soprattutto, come nota Michele Ciliberto, un trattato sul tiranno.
«Essendo, dunque, el presente governo piú di Dio che delli uomini, quelli cittadini, che con gran zelo dello onore di Dio e del bene commune, osservando le predette cose, si sforzeranno quanto potranno di ridurlo a perfezione, acquisteranno felicità terrena, spirituale ed eterna.
Prima, si liberranno della servitù del tiranno, la quale quanto sia grande l’abbiamo dichiarato di sopra; e viveranno in vera libertà, la quale è piú preziosa che l’oro e l’argento; e staranno securi nella sua città attendendo al governo delle case loro, e alli onesti guadagni, e alli loro poderi, con gaudio e tranquillità di mente. E quando Dio li multiplicherrà la roba o li onori, non averanno paura che sieno tolti loro. Poteranno andare in villa, o dove vorranno, senza adomandare licenzia al tiranno; e maritare le loro figliuole e figliuoli come piacerà a loro; e far nozze, e stare allegri, e avere quelli compagni che a loro piaceranno; e darse alle virtú, o delli studii delle scienzie, o delle arte, come vorranno; e fare simili altre cose, le quali seranno una certa felicità terrena.
(…) Per contrario, chi vuole essere tiranno, è infelice in questo mondo, prima, di infelicità terrena, però che, quanto alle ricchezze, non le può godere per molte afflizioni di animo e timori e continui pensieri, e massime che bisogna spendere assai per mantenersi in stato, e volendo tenere subietto ognuno, lui sta piú subietto a tutti, bisognando che serva a tutti per farsi ognuno benivolo; dipoi, è privato della amicizia, la quale è delli maggiori e piú dolci beni che possa avere l’omo in questo mondo, perché non vuole nissuno equale a sé e tiene ognuno in timore, e massime perché il tiranno è quasi sempre odiato da ognuno per li mali che fa; e se è amato dalli cattivi, non è perché voglino bene a lui, ma amano quello che vogliono cavare da lui, e però tra tali non può essere vera amicizia. È privato ancora di bona fama e onore, per li mali che fa e per essere sempre odiato e invidiato dalli altri. Non può avere mai una vera consolazione senza tristizia, perché sempre ha da pensare e temere per le inimicizie che ha; onde sta in timore sempre, e non si fida ancora delle sue guardie medesime. Ancora ha infelicità spirituale, perché è privato della grazia di Dio e di ogni sua cognizione, e circundato di peccati e di uomini perversi, che lo seguitano ogni ora e fanno precipitare in molti errori, come abbiamo dichiarato di sopra. Ultimo, averà ancora la infelicità eterna, perché el tiranno è quasi sempre incorrigibile, sí per la moltitudine de’ peccati che si vede avere fatti, nelli quali ha fatta tanta consuetudine che è molto difficile a lasciarli, sí perché ha a restituire tanta roba mal tolta e a rifare tanti danni fatti (…).
Essendo dunque (come abbiamo provato) felice e simile a Dio chi regge bene, e infelice e simile al diavolo chi regge male, debbe ogni cittadino lassare li peccati e le proprie affezioni, e sforzarsi di reggere bene, e conservare e augumentare e fare perfetto questo governo civile (dei cittadini, la repubblica, ndr), per onore di Dio e salute delle anime, massime essendo stato dato specialmente da lui per lo amore che porta a questa città, acciò che sia felice e in questo mondo e nell’altro, per grazia del nostro salvatore Iesú Cristo, re de’ re e signore de’ signori, el quale col Padre e Spirito santo vive e regna in saecula saeculorum. Amen.»
Girolamo Savonarola, Trattato su governo di Firenze.