fbpx
Home Cinema e Teatro La lunga notte del fascismo su RAI1, storia finta più che fiction

La lunga notte del fascismo su RAI1, storia finta più che fiction

by Bruno Gravagnuolo
0 comment

E così la fiction in tre puntate in prima serata Tv è finita. Storia finta più che fiction. Raffazzonata. Inutilmente romanzata con accessori e orpelli da feuilletton. Dal telefono rosa e non bianco di Claretta intimo sexy, alla storia d’amore del soldatino antifascista figlio di un inesistente compagno d’armi di Grandi ucciso dall’Ovra, con un’inesistente nipote adottata, che alla fine tra i falò del 25 luglio bacia il giovine ribelle al regime. L’antifascismo della telenovela di Campiotti per Rai1 sul 25 luglio e Grandi è tutto qui. Salvo un amico del ragazzo ucciso in un assalto ai carichi di grano, e poi le trame di palazzo e dei gerarchi sbandati e confusi sull’ abisso.

Unico eroe positivo Dino Grandi, ben incarnato da Alessio Boni. Post-fascista ravveduto, ma tradito, e simbolo ipotetico di una buona continuità tra passato e presente, disonorata dalla viltà conservatrice e attendista del monarca. Da lì, da lui ingannato e con in mano un pugno di mosche, non da Badoglio trasformista, si poteva ben ricominciare.

Questa è in sottofondo la moralina della storia del prodotto di Barbareschi, gradito dalla destra di governo in Rai, meno da quella più radicale di FdI, che sul Secolo la critica. E però gradevole al senso comune revisionista che sussurra: ‘il fascismo fece errori tragici, a suo tempo inevitabili, ma anche cose buone.

Alla fine, il fascismo indeciso decise il passo fatale: il patto con la Germania. Distruggendo l’opera sua ‘progressista, come affermò a chiare lettere anche il grande storico Renzo De Felice, ombra invisibile aggirantesi – con consulenze – nel background e back stage di questa fiction. Che ha dalla sua però ritmo, location, buone performance attoriali, luci, interni veri, decor (non senza sbavature), impasto guerra-amore e sfida mortale, e un po’ di suspense nel girato.

Ora però, a parte il contorno di mestiere, è nel fulcro stesso il non vero e l’inverosimile filmico. E cioè la narrazione della notte fatale come una rissa da stadio, con urla e minacce. E sarcasmi. E slogan. Laddove la battaglia fu felpata e sottile. Con argomenti anche seri e tre ordini del giorno articolati. E figure di spicco come Federzoni – famosi il suo discorso e il suo verbale – che non intervengono nella disputa o il giurista De Marsico, manco nominato. E poi un Mussolini tra rassegnazione e astuzia, che in fin dei conti mirava a un rimpasto politico per poter decidere se continuare la guerra con la Germania, se si fosse tirata fuori dal conflitto con la Russia, e con nuove armi. Oppure sganciarsi, restando in sella in caso di rifiuto tedesco.

Altro punto: il Duce avrebbe rimpastato blandendo i dissidenti o cooptandoli. Il tutto con l’aiuto del Re, che gli avrebbe rinnovato la fiducia a tempo. Ecco il suo calcolo. Dunque, a parte i duri Galbiati e Farinacci, la battaglia era sottile e mescolava le parti in lotta. Perché anche Grandi sapeva che, rimpasto o meno, ci voleva tempo per rovesciare la politica italiana. Certo, preparando l’eventuale resistenza – ma senza popolo in armi – e trattando coi Tedeschi lo sganciamento.

Unico punto ‘a suo favore’ era il volere un militare non compromesso col fascismo. Troppo poco, oltre che impossibile. Al punto che il Re mise Badoglio, considerando lui, Dino Grandi, troppo fascista o infido, benché filo inglese.

Di tutto questo brandelli, o nulla. Insomma una tragedia trasformista e conservatrice, che però diventa un romanzetto, con la rissa di cui sopra e persino il ricatto/rapimento della moglie di Grandi nelle ore decisive per indurlo a desistere. Tutto inventato per la scena dell’abbraccio amoroso del gerarca con l’ostaggio liberato.

Quanto all’incontro con il Re a Villa Savoia il 25 Luglio alle 17:00, anche qui molta confusione. Il Duce gladiatorio che incolpa il giovane Umberto della mancata resistenza in Sicilia. Vittorio Emanuele che ribatte che il comandante in capo è lui, Mussolini. Dialogo farsesco. Dove manca il punto chiave, la pace separata possibile.

Comunicazione al Duce – che vi fu – dell’incarico già conferito a Badoglio! Lo stupore mal narrato del Duce prima di salire sull’ambulanza: “Dov’è la mia macchina? Ah, ho capito“. Cosi stenografò l’operatore dell’Oss Usa su fonti inglesi che intercettarono. Con Mussolini infine indignato, che urlando minaccia i carabinieri, giunto in caserma.

Tutte balle sceniche. Suggellate dal bacio finale dei due ragazzi innamorati. Il futuro, che non sarà né fascista né antifascista, a parte quel momento forzato di passaggio…