Goethe amava passeggiare nei dintorni di Weimar, e si sedeva spesso a scrivere all’ombra di un faggio. Fu nei pressi di quel luogo che nel 1937 i nazisti costruirono il campo di concentramento di Buchenwald; quell’albero divenne testimone di atrocità e orrori che ben presto cancellarono ogni ricordo di poesia.
«”L’albero di Goethe” racconta di un gruppo di ragazzi tedeschi internati nel campo di concentramento nazista di Buchenwald, legati da un’amicizia salda ma costantemente minata da mille pericoli. È doveroso precisare che la loro potrebbe essere la storia di altre centinaia di migliaia di giovanissimi, che in quegli anni furono esposti alla violenza e alla barbarie dei campi di concentramento e costretti a vivere esperienze devastanti per la loro futura maturazione fisica, affettiva, psicologica, sessuale e morale.
Secondo una ricerca di Helena Kubica, dei 1.500.000 internati nel solo campo di Auschwitz 234.000 furono bambini e adolescenti delle origini più disparate, tedeschi compresi. Fin dalla sua istituzione, nel campo femminile di Auschwitz- Birkenau esisteva un Kinderkommando di cui facevano parte bambini tra i 10 e i 14 anni impiegati in mansioni come il giardinaggio, le pulizie, il rammendo delle divise, lavori di cucina. I minori venivano sistemati nelle baracche insieme agli adulti e subivano il loro stesso trattamento.
Tra loro c’erano numerose ragazze, internate per aver collaborato con la resistenza o arrestate insieme alle loro famiglie durante i continui rastrellamenti effettuati dalla Gestapo, la polizia politica nazista, alla ricerca di ribelli, agitatori, sovversivi o rivoluzionari, in Germania come nei paesi alleati o occupati. Spesso queste adolescenti venivano costrette a intrattenere rapporti sessuali con le SS in cambio di cibo, sigarette o alcool; la medesima sorte toccava ad alcuni ragazzini. Si trattò di una delle piaghe più terrificanti e ignobili dei Lager nazisti.
L’aberrante pratica dell’abuso sessuale sui minori non vigeva dunque solo a Buchenwald, dove ho scelto di situare la storia narrata in questo libro: in molti altri Lager bambini e adolescenti furono le vittime di SS prive di scrupoli.
Quale sarebbe stato il futuro di questi ragazzi, sempre che fossero riusciti a sopravvivere alle privazioni e alle torture che accomunavano la loro sorte a quella di tutti gli altri prigionieri?
Purtroppo, dopo la guerra e la caduta del nazismo molti di essi diventarono soggetti depressi o aggressivi, violenti e asociali; non di rado caddero nelle maglie di una ben presto rinata e agguerrita criminalità. Molti altri, invece, si affrancarono dai propri ricordi e si inserirono nella nuova società postbellica, diventando irreprensibili cittadini e genitori. Non è difficile immaginare cosa si siano augurati queste madri e questi padri per i loro figli: mai più guerra, dittatura, tirannia, negazione dei diritti umani; mai più deportazioni nei campi di concentramento né barbarie esercitate sul fisico e sulla mente.
E invece ci sono state altre guerre. Altri genocidi, altra barbarie dell’uomo sull’uomo.»
Helga Schneider, “L’albero di Goethe”, (Nota all’edizione italiana, aprile 2002).