L’Autore, già professore ordinario di Archeologia classica nell’Università “L’Orientale” di Napoli, è stato Direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene.
Quanti sono i nuovi templi di Paestum? A giudicare dal clamore mediatico sarebbero due. Vediamo di capire come stanno effettivamente le cose.
Premetto che di Paestum mi sono occupato in passato ma, per quanto riguarda le novità, mi attengo alle notizie di stampa ed ai Tg che hanno annunciato la scoperta di due templi, anche sulla base del comunicato ufficiale della Direzione del Parco che sta conducendo una campagna di scavo di straordinario interesse.
Facciamo un passo indietro. Qualche anno fa (2016-2017, se ricordo bene) l’architetto Ottavia Voza, effettuando rilievi lungo le mura, nella parte nord-occidentale, in vista di interventi di restauro, scopre tra le sterpaglie numerosi frammenti architettonici in pietra (capitelli, triglifi, pezzi di architrave sicuramente appartenuti ad un tempio) accumulati sulla scarpata del terrapieno nella parte interna del muro di cinta e ne deduce che sono il risultato di una pesante demolizione operata con mezzo meccanico, molto probabilmente negli anni ’60 del secolo scorso, a giudicare dai rifiuti moderni accumulati sopra i frammenti.
Il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, fa compiere prospezioni geoelettriche che danno un risultato straordinario, in quanto rivelano la pianta di un tempio, con una chiarezza impressionante, subito dopo confermata dalla foto aerea che dà un risultato altrettanto evidente. Ricordo le discussioni e soprattutto le previsioni sull’interpretazione scientifica entro cui inquadrare la nuova scoperta. Voza intanto esegue un rilievo delle membrature architettoniche e disegna l’elevato del tempio, disegno che è entrato già da temo in circolazione.
Si arriva al 2019 anno nel quale Zuchtriegel scava e mette in luce l’edificio. Si tratta di un piccolo tempio, si direbbe appunto un naïskos, che questo significa in greco, misurante grosso modo 12×8 metri, amphiprostilo (con le colonne sulla parte anteriore e su quella posteriore della cella) e fornito di peristasi, il giro di colonne su tutti e quattro i lati, ciò che rappresenta una novità straordinaria, se si pensa alle dimensioni dell’edificio. La cronologia accertata con lo scavo permette di datare il tempio agli inizi del V secolo a.C. Si apre, a questo punto, lo spazio per operazioni non solo di aggiornamento ma di revisione di alcune certezze sull’impianto urbanistico e sulla topografia degli spazi sacri poseidoniati.
Il punto di riferimento è ovviamente l’architettura e la cronologia dei tre grandi templi. Il nuovo tempio ha una pianta straordinariamente somigliante al tempio di Nettuno di cui è più antico, a quanto pare, di un paio di decenni.
Da qualche giorno abbiamo appreso notizia della scoperta di un altro tempio, sempre nella stessa area. Ho esaminato il filmato su YouTube e visto le foto dei giornali, ma la situazione va precisata, in quanto la scoperta (comunque eccezionale) riguarda 14 capitelli che sono stati inzeppati nelle fondazioni della cella del tempio del V secolo. La sorpresa non irrilevante consiste nel fatto che si tratta di capitelli arcaici come si rileva dall’echino molto schiacciato.
Bruno d’Agostino, grande etruscologo e grecista, che ha discusso in gioventù una tesi di laurea sui templi di Paestum, la cui architettura conosce a menadito, per primo ha attirato la mia attenzione, in uno scambio di impressioni al telefono, sulla somiglianza di questi capitelli con quelli dell’oikos dei Nassi a Delo, ciò che porta alla conclusione che si tratta di manufatti della prima metà del VI secolo a.C., dunque molto vicini alla data di fondazione di Poseidonia (circa il 600 a.C.) da parte dei coloni provenienti da Sibari.
Riepilogando, abbiamo un tempio del V secolo nelle cui fondazioni sono stati rinvenuti capitelli appartenuti ad un tempio più antico (580-570 a.C.). Questi capitelli sono perfettamente aderenti all’ipotesi di un colonnato ligneo, per cui saremmo in quella fase cruciale della storia dell’architettura templare greca che muove dalle costruzioni lignee e gradatamente si trasforma in costruzioni in pietra (il più antico edificio sacro in pietra che conosciamo in Occidente è il tempio di Apollo a Siracusa, e si data verso il 600 a.C.).
Nel passaggio alla pietra molti elementi, come quelli lessicali, conserveranno a lungo il ricordo della tecnica lignea originaria, come, per esempio i trìglifi, parola che significa tre legni e sta ad indicare la testata delle travi lignee del tetto.
Insomma, per ora il solo tempio scoperto è quello del V secolo a.C., mentre i 14 capitelli sono un indizio, non secondario, dell’esistenza di un secondo, più antico, la cui scoperta sarà un evento epocale per la studio dell’architettura greca in Occidente. Aspettiamo l’esito delle ricerche in corso; il tempio più antico potrebbe trovarsi sotto quello più recente, oppure nelle vicinanze, non molto lontano. Ci auguriamo, e lo auguriamo agli archeologi impegnati sul terreno, che la nuova campagna di scavi, condotta dalla direzione del Parco, soddisfi presto le nostre legittime curiosità.