«… nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se avesse tutti gli altri beni. Pare infatti che siano soprattutto i ricchi ad avere bisogno di amici, e anche coloro che hanno cariche e sono potenti: a che serve una simile prosperità se le si toglie la possibilità di fare del bene agli altri, bene che si compie principalmente, e nel modo più lodevole, verso gli amici? (…) La prosperità è tanto più precaria quanto più è grande. Chi è povero e chi è caduto in altre simili sventure vede negli amici il suo solo rifugio. L’amicizia è d’aiuto ai giovani per evitare gli errori, ai vecchi per avere chi si prenda cura di loro e come rimedio all’incapacità di agire dovuta alla debolezza, a chi è nel fiore degli anni per le belle azioni: “Quando due vanno insieme, ognuno provvede all’altro” (Iliade, X, 224); infatti sono migliori sia nella riflessione che nell’azione.
Si ritiene che per natura vi sia affetto nel genitore verso la sua progenie e nella progenie verso chi li ha generati, e ciò non solo tra gli uomini, ma anche tra gli uccelli e nella maggior parte degli animali (…). A quanto pare l’amicizia tiene unite le città, e i legislatori si preoccupano di essa più che della giustizia, infatti si ritiene che la concordia sia qualcosa di simile all’amicizia e i legislatori perseguono soprattutto questa, mentre tengono fuori dalla città soprattutto l’inimicizia, come una nemica. Tra gli amici non c’è nessun bisogno di giustizia, mentre i giusti hanno ancora bisogno dell’amicizia, e il culmine della giustizia è considerato un sentimento vicino all’amicizia. Non solo è necessaria, l’amicizia è anche cosa nobile: infatti si loda chi ama avere amici, e l’abbondanza di amici è giudicata una delle cose belle; vi è anche chi ritiene che non differiscano tra loro chi è buono e chi è amico davvero.»
Aristotele, Etica Nicomachea, (Libro VIII, 1155a).