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La lunga corsa elettorale americana

by Vincenzo Pascale, New York City
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Anno nuovo… vita nuova. Era un vecchio detto che sentivo spesso da giovane. Il mondo giovanile di un tempo nutriva la speranza di una vita migliore spesso legata ad una idea rivoluzionaria della vita alimentata dalla politica. Tramontato quel mondo, e con un Occidente sempre più anziano e piegato sul suo benessere che intende difendere, emergono inquietanti e nuove sfide globali tutte legate alla politica che torna al centro dell’agenda mondiale. A giugno si voterà per il rinnovo del Parlamento Europeo con la Vecchia Europa a corto di visione geopolitica, di un suo ruolo globale e fortemente divisa al suo intero da parti politiche in governi nazionali fortemente critiche verso questo modello di Europa. Qui si apre il discorso alleanze politiche, liste elettorali e programmi ancora in cantiere. Elezioni russe, una farsa della migliore tradizione autocratica. Non aspettiamoci sorprese o cambi di scenari.

La lunga corsa elettorale americana terrà il banco giornalistico e mediatico sin da gennaio: Caucus in Iowa (15 gennaio per il partito repubblicano). I democratici con il Presidente uscente non fanno le primarie a meno di uno sfidante all’attuale Presidente Biden. I Repubblicani noti anche come GOP [Grand Old Party] hanno Donald Trump nettamente in testa alla lista dei sondaggi elettorali. Nonostante due Stati (Colorado e Maine) ne abbiano escluso la partecipazione alle primarie in quegli Stati. La nomination di Trump a sfidante di Biden sembra certa. La sfida è aperta. Eppure l’elettorato americano sembra preoccupato. Ma da cosa? L’economia va a gonfie vele. I salari medi sono aumentati. La disoccupazione ai minimi storici. L’emigrazione rimane da sempre un problema forte. Su questo versante Biden va ricalcando la linea dei suoi precessori: espulsioni e visti centellinati. Eppure migliaia di migranti continuano ad arrivare al confine con il Messico. Pullman strapieni di migranti li scaricano a New York. Situazione difficile da gestire. A questo sul versante nazionale si unisce l’impegno americano in Medio Oriente. Nessuno mette in discussione il sostegno americano ad Israele. Ma non può limitarsi ad un everything goes. Fonti di Washinton riferiscono di telefonate accese tra il Presidente Biden e Netanyahu. Biden teme di perdere consensi elettorali se continua il suo sostegno incondizionato a Netanyahu. I giovani elettori e la stragrande maggioranza degli elettori musulmani al voto USA rischiano di voltare le spalle a Biden. Astenendosi. L’elettorato americano vuole una preminenza economica e militare, altresì richiede meno coinvolgimenti bellici internazionali. Questi non ci saranno. Ma lo slogan America first troverà largo spazio tra gli elettori alle presidenziali USA. L’America vuole un ringiovanimento politico. Questo è il nodo delle prossime presidenziali di novembre. Due sfidanti ottuagenari. Non in ottima salute fisica. Possono governare l’America per i prossimi quattro anni? E’ possibile un disimpegno globale americano dalla geopolitica e dal commercio internazionale, soprattutto con la Cina? Non crediamo possa avvenire in un lasso presidenziale. Di certo la Nuova Politica Americana stenta a trovare un equilibrio tra isolazionismo e multilateralismo. Intanto la lunga corsa elettorale del 2024 è iniziata pavimentata da miliardi di dollari per la propaganda politica. L’America per le presidenziali di novembre voterà in massa. Ha a cuore il suo futuro e lo status economico raggiunto. In attesa dell’avvio delle primarie, un buon anno a tutti i nostri lettori.