«Poiché il momento più appariscente in cui i programmi rivelano la loro astrattezza non è quando sono impugnati come armi di offesa, ma quando vengono alla prova dell’attuazione e soprattutto quando i partiti salgono al potere, si suole porre gran divario tra il parteggiare e il governare, tra l’uomo di partito e l’uomo di governo o quell’uomo stesso salito al governo, tra il momento della critica e della lotta e quello del fare e attuare.
Senonché anche questa differenza è meramente empirica: la vita sociale è tutta in relazione reciproca e rispondenza, e chi si oppone e critica e domanda, governa, o, che è lo stesso, agisce sul governo, come chi governa parteggia, ossia segue l’impulso del partito a cui è ascritto, o della sua propria personalità, che è per sé un partito. Anche qui sarebbe ingenuo aspettarsi dall’individuo che egli faccia quello che in quanto individuo non può fare, perché è l’opera sopraindividuale della Provvidenza; e lo faccia col solo trasferirsi da una ad altra posizione sociale o da uno ad altro posto di lavoro e di combattimento. La sintesi delle antitesi dei partiti non è il governo, ma la storia.»
Benedetto Croce, Elementi di politica.