I giornalisti di Fanpage, ai quali va la nostra solidarietà sia per gli attacchi verbali subiti che per le recenti sospette aggressioni, hanno condotto la ben nota inchiesta giornalistica sul presunto smaltimento illecito di rifiuti in Campania che tanto scalpore ha prodotto sui media nazionali e in politica.
Utilizzando un agente provocatore, un camorrista poi divenuto collaboratore di giustizia, hanno girato filmati con l’ausilio di una videocamera nascosta registrando colloqui con pubblici amministratori apparsi, nel migliore dei casi, ingenui e politicamente scorretti, nel peggiore, sarà la magistratura a trovare la giusta definizione.
L’inchiesta è molto più ampia, ma sembra che la parte specifica sia terminata. Le prossime puntate riguarderebbero altri filoni. Il quadro complessivo è apparso comunque fosco ed equivoco.
Finora ha generato molta pubblicità; forse un po’ di voti, ma non è detto; un paio di ceffoni politici ben assestati su facce peraltro allenate a sopportarli e tirare dritto; qualche dimissione di sotto sottogoverno in attesa di rientrare in gioco. Non ci pare molto altro e non crediamo che molto altro accadrà in futuro.
Magari sbagliamo e la magistratura scoperchierà pentoloni di malaffare o la politica prenderà seri provvedimenti programmatici (questo ci sembra assai più difficile). Però proviamo a ragionarci su.
L’inchiesta giornalistica.
I video diffusi sono ovviamente il prodotto di sintesi di una strategia informativa e forse politica inevitabilmente predeterminata. Ossia: vogliamo fare un’inchiesta così e cosà, su questa gente, diffondendola in questo modo? E’ naturale. Sono quindi frutto di scelte, di provocazioni, di complicità (tutti i protagonisti erano in buona fede?), di montaggi. Il tutto sembra prestarsi alle più contraddittorie interpretazioni.
Qualche giornale scorna pubblicamente gli amministratori e costoro, tacendo, confessano. Ma il giornale disgraziatamente non è mai la verità (Salvatore Di Giacomo, un secolo fa).
Le inchieste giudiziarie.
Ci sembra di aver capito che la figura dell’agente provocatore non è prevista nel nostro ordinamento. Esiste l’infiltrato, che però deve essere un agente di polizia giudiziaria che opera sotto il controllo della magistratura e non per il reato di corruzione. Questo potrebbe significare che il materiale non sarebbe utilizzabile in giudizio. Anzi, gli autori dell’inchiesta sono indagati per induzione alla corruzione.
La reazione della politica.
Non pervenuta. Ma come? Ne parlano tutti, un vero fuoco di fila di dichiarazioni. Fuffa elettorale, difesa preventiva, autoreferenzialità. Qualcuno ha letto di provvedimenti presi o anche solo annunciati? Avete avuto notizia di un qualche politico che abbia spiegato qual è la falla del sistema e come intervenire, o si sia semplicemente posto il problema? Non lo sentirete. E non perché siano necessariamente in mala fede, ma perché non sanno semplicemente cosa fare.
La reazione della gente.
Direi disincantata. In una terra di camorra in cui si tira avanti senza lavoro, senza servizi e senza prospettive, una cosa del genere regge una settimana, forse due o tre perché siamo in campagna elettorale. Da quanto tempo sono lì le ecoballe? A quando risalgono i primi arresti per smaltimento illecito o mancato dei fanghi dei depuratori? Parliamo di decenni, parliamo di assuefazione.
La repressione è indispensabile e il giornalismo d’assalto (quando è in buona fede) benedetto, ma non risolvono i problemi e forse non ne hanno neanche la pretesa.
Ci vuole il lavoro e ancora il lavoro. Dove c’è occupazione non c’è camorra, la corruzione scende a livelli fisiologici, la politica deve fare i conti con il popolo e non con la plebe.
Noi non siamo ancora popolo, forse non lo siamo mai stati, certo non lo diventeremo così.
Di Lucia Severino