«La questione della disuguaglianza e della redistribuzione sta al cuore del conflitto politico. Estremizzando, si può dire che il conflitto cruciale vede tradizionalmente contrapposte le due seguenti posizioni. Da un lato, la posizione liberale di destra, la quale sostiene che soltanto le forze di mercato, l’iniziativa privata e l’incremento della produttività consentono davvero di migliorare a lungo termine redditi e condizioni di vita, in particolare dei meno abbienti, e che quindi l’intervento pubblico di redistribuzione, oltre a dover essere di dimensioni modeste, va comunque limitato a strumenti che interferiscano il meno possibile con questo meccanismo virtuoso, come per esempio il sistema integrato di prelievi e trasferimenti (l’imposta negativa) di Milton Friedman. D’altro canto, la tradizionale posizione di sinistra, ereditata dai teorici socialisti del XIX secolo e dalla pratica sindacale, ci dice che soltanto le lotte sociali e politiche possono consentirci di alleviare la miseria dei meno abbienti prodotta dal sistema capitalistico, e che l’intervento politico di redistribuzione deve al contrario penetrare nel cuore del processo di produzione per rimettere in causa il modo in cui le forze di mercato determinano i profitti che spettano ai detentori di capitali, nonché le disuguaglianze fra i lavoratori dipendenti, per esempio nazionalizzando i mezzi di produzione o fissando griglie salariali vincolanti, senza accontentarsi dell’imposizione fiscale per finanziare i trasferimenti sociali.»
Thomas Piketty, Diseguaglianze.