fbpx
Home Politica Toni Negri: un cattivo maestro, un lucido analista

Toni Negri: un cattivo maestro, un lucido analista

by Michele Mezza
0 comment

La morte di Toni Negri mi colpisce freddamente. L’ho conosciuto ma non ho mai avuto con lui nessuno stimolo emotivo. Direi piuttosto che sempre ha dominato la ripulsa per la spigolosità e la sgradevolezza del suo argomentare e per quella cortina fumogena di stucchevole e inutile incitamento dannunziano all’azione fisica, che ha portato molti giovani alla rovina. Detto questo, nei suoi scritti, piegati dagli immancabili capitoli finali insurrezionali, si trovano le uniche visioni e intuizioni sociali all’altezza delle trasformazioni del capitalismo cognitivo e macchinistico. Negri fin dagli anni ‘60, più e meglio di Tronti che a differenza sua fu uno straordinario maestro di vita ma non sempre pronto e agile a cogliere le trasformazioni discontinue della storia, ha sempre scovato i segnali di quella grande trasformazione che spingeva una sinistra riluttante dal Marx del Capitale ad immergersi nel Marx dei Grundrisse. L’operaio sociale, la fabbrica urbana, il conflitto per il reddito, il consumo come lotta di classe, la comunicazione come produzione, furono inediti e ancora oggi incompresi utensili che Negri forgiò nel disinteresse di una sinistra polverosa e burocratica. La sua trilogia sull’Imperium e soprattutto l’ultimo tomo Commonwealth, ha costituito l’unico vero contributo che la cultura comunista ha dato alla decorazione di classe del processo di smaterializzazione della produzione e di creazione di un valore comunitario. Senza dolore, ma con grande rammarico, riconosco che la mancanza di una voce come la sua impoverisce il già muto orizzonte politico dell’eredità marxista in Italia.