Kissinger è morto, aveva 100 anni. Lo ha comunicato al mondo da New York il suo studio di consulenza politica, quello che aveva fondato dopo il suo ritiro dalla politica.
Stratega della guerra fredda duttile e innovativo, ebreo tedesco immigrato, si dedicò per tutta la vita a costruire la potenza imperiale USA come egemone. E nondimeno concluse due svolte importanti: la pace in Vietnam e l’intesa con la Cina che portò Nixon a Pechino. Fu architetto del golpe in Cile. Di quello in Argentina. E con Gerald Ford mise in guardia Andreotti e Moro dal portare mai il PCI al governo. Anche da leader defilato restò a lungo uno stratega della politica USA. Di taglio realistico però, e molto meno azzardato dei suoi successori democratici. Capace di dividere gli avversari e non di esaltarne la saldatura e i contraccolpi.
Sull’Ucraina, pur dichiarando la necessità del contenimento russo, criticò a più riprese l’espansione ad est della NATO e, in definitiva, l’idea stessa dell’esportazione della democrazia; sulla falsariga del grande studioso Samuel Huntington, che previde dai primi ‘90 la rovinosa sequela di guerre di civiltà a cui avrebbero condotto sia la politica dem che quella teocon sull’asse Brzeziński, Clinton e Bush Jr. Insomma la “Lonely superpower“.
Fu dunque accusato persino di intesa col nemico e costretto al riguardo ad attenuare il giudizio sulla guerra USA, anche per il timore di venire assimilato ai trumpisti, benché la sua posizione fosse chiarissima: gli USA dovevano accettare una globalizzazione basata sulla real politik e le zone di influenza. Ha taciuto sulla questione di Israele e Palestina prima di morire, ma in molti hanno ravvisato nel suo silenzio una critica a tutta la politica USA degli ultimi decenni, volta a un dominio unilaterale del Medio Oriente e che ha condotto a instabilità l’area con l’espulsione degli USA da quel quadrante.
Le ultime riflessioni di Kissinger sono state sulla A.I. che, a suo avviso, minaccia la libertà umana, consegnando immenso potere a chi riuscisse a farne uso geopolitico ed economico.
Malgrado non fosse affatto un democratico, fu cosmopolita e amico del capitalisti eleganti e illuminati come Agnelli. La sua massima preferita era: “Il potere è il massimo afrodisiaco che ci sia“. Insomma, la versione americana dell’aforisma andreottiano sul ‘potere che logora chi non ce l’ha’.