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Il populismo euroccidentale

by Luigi Gravagnuolo
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Franchino Pulcinella era un ambulante fai-da-te. D’estate, sotto un sole cocente, batteva le spiagge più affollate dove vendeva carte da gioco, cuscinetti gonfiabili, salvadanai ed altre cianfrusaglie. Nelle altre stagioni girava per centri storici nelle ore di punta e, a seconda della ricorrenza più vicina, vendeva coriandoli, maschere, fischietti, sciarpe, bandiere e gagliardetti. Soprattutto fischietti.

Non si sa come faceva, ma sapeva di tutte le manifestazioni sportive, politiche e sindacali programmate in Italia e puntualmente ci arrivava con i suoi fischietti. Viaggiava gratis, senza documenti d’identità per prudenza, nel caso fosse stato colto senza biglietto. Scendeva giù dai treni con impareggiabile intuito quando annusava il controllore in arrivo, salvo risalirvi una volta passato il pericolo. Durante le campagne elettorali si prestava anche a fare l’uomo sandwich in modo assolutamente ecumenico. Non propendeva per alcuna forza politica, chi prima lo ingaggiava se ne assicurava il servizio. I suoi prezzi erano assolutamente fissi, gli ripugnava contrattare. Un uomo povero e libero, fieramente libero.

Franchino odiava gli immigrati, ‘e marucchin. Ne soffriva la concorrenza. Li detestava in quanto diversi. Si sentiva a loro superiore, non accettava di essere considerato al loro livello.

Ora Franchino non c’è più. Aveva da poco ottenuto regolarmente l’assegnazione di un minialloggio comunale, quando si tolse la vita. Era un proposito che covava nell’animo da tempo. Non si sentiva a suo agio nella terra dei viventi, tanto più in una società che andava meticciandosi.

Questa è una storia vera. E dolorosa. Se qui la ripeschiamo è perché vale per metafora dei tempi nostri. La globalizzazione dei decenni scorsi ha comportato su scala planetaria uno spostamento di parte della ricchezza mondiale dai Paesi ricchi a quelli poveri, specie a quelli emergenti. Nei Paesi che una volta dicevamo del terzo mondo, popolati da miliardi di esseri umani, la quota di ricchezza ivi arrivata, divisa pro capite, salvo che per le élite al potere che l’hanno in gran parte intercettata per sé, è stata però ininfluente sul tenore di vita delle persone. Passare da un salario di 20,00 euro al mese ad uno di 20,30 euro non è che ti cambia la vita! La fame, le carestie, le guerre hanno così continuato a spingere per le migrazioni di massa. L’attrazione dei Paesi ricchi è restata potente.

Nei Paesi ricchi, invece, lo spostamento di ricchezza verso quelli poveri si è fatto sentire parecchio in quanto ha quasi del tutto bloccato l’ascensore sociale. Ne sta soffrendo di più la piccola borghesia, che fatica a conservare il proprio status sociale. Avverte i segnali di un impoverimento che teme irreversibile.

Gli immigrati sono la personificazione simbolica di queste dinamiche. Arrivano da noi, consumano parte della nostra ricchezza e ne trasferiscono altra parte alle loro famiglie di origine. I più poveri tra i nostri li detestano. Non considerano affatto che gli immigrati per noi producono ricchezza, oltre che consumarla, e che senza il loro contributo il nostro sistema industriale e quello dell’agricoltura sarebbero già al collasso. Per non dire della mancata copertura delle risorse atte a coprire la spesa previdenziale, delle nostre aule vuote e degli insegnanti che non trovano impiego per assenza di alunni; dei nostri anziani non autosufficienti e bisognosi di badanti.

È una riflessione che non gli appartiene. I nostri poveri – tali in rapporto agli standard euroccidentali ovviamente – danno la colpa delle loro difficoltà agli immigrati, all’Europa e alla politica che cerca di gestire il fenomeno dell’immigrazione senza isterie. Immaginano congiure massoniche e cospirazione dei poteri occulti, magari in mano agli ebrei, volte a sostituire i bianchi con i neri, i cristiani con i musulmani, la nostra civiltà con la barbarie. Hanno la bava alla bocca e sono sul piede di guerra contro la democrazia. E sì, contro la democrazia, perché comunque, per ora, pur essendo in tanti i nostri populisti, sono ancora minoranza nell’Occidente. E questo è un freno per le loro aspirazioni regressive: le maggioranze democratiche sono un ingombro.

Così, anno dopo anno, voto dopo voto, il populismo catilinario euroccidentale espande i propri confini nella società e nelle urne, mentre le tradizionali formazioni politiche democratiche annaspano.

L’ultima manifestazione di questo fenomeno è stato il voto politico del 22 novembre scorso in Olanda, il Paese europeo tradizionalmente più accogliente e multietnico, co-fondatore e motore trainante dell’UE, quello che il secolo scorso tanto patì la ferocia del nazismo. Ebbene proprio qui il Partito per la Libertà (FvP) di Geert Wilders, xenofobo, antieuropeo, razzista e filo putiniano è risultato il più votato. Ha preso il 23,3% dei voti mentre il rivale più accreditato, il partito dei Verdi e Socialdemocratici ne ha raccolto solo il 15,6. Al suo leader, l’esperto Frans Timmermans, già Vicepresidente della Commissione Europea e Ministro degli Esteri dell’Olanda, hanno rinfacciato di saper parlare sette lingue, ma non quella del popolo.

Il successo dei catilinari non è un fenomeno solo olandese, riguarda tutto l’Occidente, dagli USA ai Paesi Scandinavi, a quelli del Mediterraneo e dell’Est Europa. E la vittoria di un autentico squilibrato in Argentina ci dice che il fenomeno non si limita all’Occidente atlantico.

Javier Milei, il nuovo Presidente della Repubblica Argentina, eletto col 56% dei voti lo scorso 22 novembre, stesso giorno del voto in Olanda, si compiace di farsi chiamare el loco (il pazzo!) e di annunciare con enfasi che fa sedute spiritiche in cui, grazie ad una medium, parla col suo cane morto, al quale voleva tanto bene. Appena eletto, per spiegare il programma dei suoi primi cento giorni al popolo che lo osannava in piazza, ha brandito una motosega: taglierà tutti i servizi pubblici, la sanità, la scuola, le pensioni ed il trasporto; cancellerà il welfare in Argentina.

Neanche eletto el loco a Buenos Aires e il tycoon Donald Trump, il campione mondiale dei catilinari, quello che fece assaltare dai suoi sgherri il Congresso degli USA in un abortito tentativo di golpe e quello che molto probabilmente tornerà a furor di popolo alla Casa Bianca tra un anno, gli ha fatto i complimenti, garantendogli tutto il suo appoggio. Attuale e futuro.

Come Franchino, con cocciuto autolesionismo il popolo in Occidente si sta suicidando.

E sì, aveva proprio ragione la Hannah Arendt de ‘Le origini del totalitarismo’: “Le plebi decisero di entrare nella storia anche a costo del proprio annientamento”.