«Uno si guardava nello specchio ancora più intensamente, ma perché era in errore. Una sera tardi, arriva in un hôtel un uomo con degli amici, le stanze sono tutte occupate tranne una, dove tuttavia dorme già un negro – la storia si svolge in America. L’uomo prende comunque la camera, si trattava solo di una notte, la mattina presto avrebbe dovuto prendere il treno. Si raccomanda quindi espressamente al ragazzo del piano perché lo svegli, non solo bussando alla porta ma tirandolo giù dal letto, beninteso il suo, non quello del negro. Prima di coricarsi viene fatta fuori un bel po’ di roba forte e va a finire che gli amici del nostro gentiluomo, prima di trascinarlo nella camera del negro, lo spalmano di fuliggine e lui nemmeno se ne accorge. Il mattino, il cameriere sveglia lo straniero, che si precipita alla stazione, salta sul treno e infine va alla toilette per lavarsi: allora si guarda allo specchio ed esclama con rabbia: “Quel cretino ha svegliato il negro”. La storia viene raccontata anche diversamente, ma il senso non cambia. L’uomo era forse ancora addormentato? Certo, ma d’altra parte non fu mai tanto lucido quanto in quell’istante. Egli era tanto vicino a sé stesso che il bianco della solita pelle gli cadde dal corpo come un vestito, in cui era stato infilato, sia pure del tutto comodamente. I bianchi, come gli altri, perlopiù assomigliano solo alla loro caricatura; ogni livrea è tagliata male, la vita è un cattivo sarto. Quanto al negro, il suo vestito gli cadrebbe ancora più sicuramente se solo egli guardasse più da vicino.»
Ernst Bloch, Tracce.