Questo è un nuovo ‘68. Il ‘68 delle ragazze. Un moto sociale impetuoso nel quale confluiscono tante cose. Non solo una impennata di costume.
E’ una rivolta sociale, non un fenomeno elitario a difesa di un linguaggio o uno stile di vita. O solo di diritti in pericolo. Non è femminismo classico, è molto di più. Vediamo.
Chi c’è in scena contro la violenza del dominio del potere e non solo maschile? C’è una nuova generazione di ragazze ventenni che si affacciano agli studi al lavoro alla vita dopo la scuola. È la parte più debole e sfruttata della società, potenzialmente esposta a doppio e triplo sfruttamento: neo patriarcale, di impresa, familiare, di welfare.
Queste ragazze dicono no a una vita miserabile e preconfezionata. Sotto pagata e subalterna in casa e fuori. Dicono no alle scorciatoie narcisiste e seduttive: potere indiretto sul maschio e subalternità al maschio. Carriere protette e maschilizzazione della vita performante e cinica. Gerarchia. Veline. Mercificazione del corpo. Miseria di uomini repressi e insicuri. Deprivati e resi nevrastenici dalla menzogna della “fine del lavoro”, che invece è solo più lavoro miserabile e mal pagato.
E perciò maschi predatori e sfasciati da famiglie senza armonia e stressate, dove anche il ruolo del padre salta e tutto si degrada: padre e madre e futuro.
Così, la parte debole si fa ed è in realtà la più forte e combattiva della società. Liofilizzata e precaria si ribella e noi maschi dobbiamo stare al loro fianco, con loro. Con la loro voglia di futuro e di comunità fraterna e sororale.
È la rivolta contro il bocconismo aziendalista. Contro il riflusso dei diritti civili e sociali. Contro il populismo forcaiolo non contro quello civico. Queste ragazze vogliono essere, non possedere né apparire. Non vogliono cantare e portare la croce come è stato il destino delle mamme cinquantenni e delle nonne post ‘68 rifluite e deluse. Il baraccone dei media le ha stufate, il giochino frivolo della dittatura dell’immagine – che nasconde miseria reale – lo rifiutano. È una grande esplosione di soggettività individuale e solidale. Una voglia di stare insieme. Contro i miti dominanti: forza, performance, merce, gerarchia, ruoli.
Ed è proprio nella crisi del welfare e del mercato del lavoro che le ragazze si ribellano e ci danno la sveglia. Un movimento naturaliter contro il trazionalismo becero delle donne patriarca e dei maschi babbei o violenti, ottusi e deprivati.
Caricature di uomini. Repressi, gerarchizzati, incerti, gregari. Perciò, senza illusioni e con gran fraternalismo, noi salutiamo e accogliamo queste magnifiche ragazze che rompono steccati e pessime abitudini e rovesciano gerarchie. Una formidabile spinta per cambiare. Per tornare a segnare – lapsus: sognare! – e pensare in grande. Insieme. Pace, lavoro, giustizia, gioia, condivisione.
Come facemmo noi cinquanta anni fa. Grazie ragazze. Benvenute!