Dopo la presentazione in prima mondiale a New York, al Festival Internazionale del Cinema di Soho, è stato presentato al Festival Internazionale dei cinema di Catania il primo film di Antonella Spirito: “The house that stood”. In italiano, “Ciò che resta”.
Si tratta di una produzione completamente indipendente. Con la regista che cura la sceneggiatura, il produttore che realizza il montaggio e gli attori che sono tutti esordienti. A dispetto di queste caratteristiche, il film è costruito con estrema maestria e alto livello di professionalità da tutta la squadra che lo ha realizzato. Il clima di affiatamento dell’intero team si respira nel corso della visione dell’opera.
Il soggetto si basa sulla sceneggiatura che è stata scritta da Antonella Spirito per la sua laurea presso l’università di Roehampton, mentre il film è stato realizzato quale tesi conclusiva del master presso la London Film School. Nonostante queste caratteristiche accademiche, emerge una maturità di concezione e di fattura che lascia ben sperare per le prossime esperienze cinematografiche della Spirito. Il film anticipa una ripresa di attenzione verso il neorealismo italiano e l’uso del bianco e nero, riportato clamorosamente alla ribalta dai successi di Paola Cortellesi.
In un piccolo paesino dell’Alto Molise, S. Pietro Avellana, passa come un fulmine devastatore la Seconda guerra mondiale. Prima con l’occupazione tedesca, poi con la distruzione del villaggio ed infine con l’arrivo degli inglesi. La ricostruzione del dopoguerra evidenzia quella Italia operosa e minore che, alle spalle delle grandi città, era la rete attiva dei valori, della solidarietà e della costruzione di futuro.
Antonella Spirito racconta la vera storia dei suoi nonni, Camilla e Bianca, cresciuti dentro una comunità che li racchiude e li accompagna. Nello stesso modo la regista è stata accompagnata da tutto il paese nella realizzazione di questo film ricostruttivo, come se ancora una volta l’unione dentro un progetto collettivo potesse far tornare a crescere le radici vitali della comunità. Questo processo identifica il film: valori familiari e collettivi sono uniti in una cornice di comunità che abbraccia la dimensione di una Italia minore che è il volto migliore di quella maggiore, triturata da processi di modernizzazione che ne hanno snaturato le caratteristiche.
Da Catania ora il film si trasferisce a Salerno, dove sarà proiettato il 27 novembre prossimo, nell’ambito del Festival Internazionale del Cinema.
Un’opera prima che dimostra come il cinema italiano sia ben vivo quando attinge alle sue profonde radici, che hanno fatto scuola nei decenni del miracolo economico italiano.