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Zuchtriegel “incanta” a Pompei

by Federico L.I. FEDERICO
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Alla fine, l’evento della presentazione del libro “Pompei La città incantata”, appena tenutosi con successo nel Teatro longhiano di Pompei “Di Costanzo-Mattiello”, si è concluso con l’autore applaudito a scena aperta, poi costretto a sedersi a terra e a rimanere appollaiato sull’ultimo gradino della scaletta che porta dal golfo mistico della sala teatrale al palcoscenico. E’ stato impegnato per oltre mezz’ora a firmare autografi e dediche ai tanti potenziali lettori e acquirenti del volume. E a tutti, uno per uno chiedeva con garbo e cortesia il nome e il cognome, necessari a fargli scrivere una breve dedica e la propria firma nel volume.

Vale la pena però di precisare subito al lettore che non parliamo di un “quisque de populo”, che gli applausi erano veri e non prezzolati, ma soprattutto convinti e non del tipo “Franza o Spagna, purché se magna”, che l’autore del libro e destinatario degli applausi era il Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei, uno abituato a parlare in pubblico dei ritrovamenti archeologici di Pompei e dell’Area vesuviana seduto tra il Generale dei carabinieri Giovanni Capasso, Direttore del Progetto de “La grande Pompei e il Procuratore Generale della Repubblica del Tribunale di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso. Insomma, uno abituato a una compagnia di non poco conto.

La folla – a memoria di chi scrive mai vista così numerosa alla presentazione di un libro – oltre che da numerosi politici delle cittadine del Comprensorio vesuviano, tra i quali ovviamente il Sindaco di Pompei Carmine Lo Sapio, era composta prevalentemente da Rotariani e da Lyons dei vari circoli operanti nel territorio comprensoriale. Ma anche da gente comune e da giovani, soprattutto e inaspettatamente. A nessuno dei presenti era poi sfuggita la commozione vera del giovane Gabriel Zuchtriegel quando aveva parlato, con la voce incrinata dalla emozione, dei propri dubbi e delle proprie paure all’inizio del mandato di Direttore del Parco Pompeiano. Erano momenti in cui piovevano critiche e dimissioni, date in chiara polemica contro la scelta del suo nome di giovane studioso senza autorevole curriculum.

Ma la voce poi gli si è spezzata in gola quando ha ricordato ai presenti l’imprevisto e grande successo della sperimentazione su base teatrale aristofaniana di “Sogno di Volare”, animata con grande successo, a livello nazionale, dai giovani attori espressi da scuole del Comprensorio vesuviano, compresa la giovane torrese Maria Francesca Asilo che li rappresentava tutti sul palco. Era lei infatti a fare da speaker, distribuendo domande allo stesso Zuchtriegel e a un prof. Gennaro Carillo, per gli amici Gerry, strepitoso per la lucidità dei propri interventi, di grande qualità e respiro. E le domande piovevano con ritmo inesausto, innescate dalla giovane speaker con il tempo serrato di un Lobotka spallettiano del Napoli dello scudetto che fu.

Il giovane Direttore Gabriel Zuchtriegel, da parte sua ha proposto all’uditorio – a partire dai testi del Libro in presentazione, ma senza soffermarsi troppo su di esso – la propria visione dell’Archeologia con grande ma anche profonda modernità. Una archeologia libera dalla ricerca del Canone, sia per gli stili pittorici, che per quelli architettonici delle Domus e quant’altro connesso. Una tesi che giunge a proporre una metodologia archeologica la quale sia soprattutto, se non solamente, un’antropologia fenomenologica circolare.

Antropologia perché mette al centro la ricerca dell’uomo nel contesto specifico per comprenderlo anche nei processi di pensiero.

Fenomenologica perché è attenta alle singole storie individuali.

Circolare, infine, perché la lettura dell’uomo nel contesto antico deve essere finalizzata anche a comprendere e interagire con il contesto moderno.

Cioè, ad esempio, una Domus pompeiana andrebbe studiata non tanto per stabilire di che tipo fosse il suo atrio o il suo triclinio, ma per porre la giusta attenzione alla sua particolare storia di singola casa e delle sue trasformazioni dettate dal trascorrere del tempo, non necessariamente frutto del Tempo.

Occorre cioè, secondo Zuchtriegel, un “motore” che spinga l’Archeologo, con il team dei ricercatori di riferimento, a tentare di comprendere il pensiero del proprietario. Non il pensiero dei Proprietari di Domus o dell’ideologia abitativa di una particolare epoca a Pompei, laboratorio unico del Dasein esistenziale. Lo stesso tipo di ragionamento potrebbe farsi per un tempio e per le sue peculiarità architettoniche.

In pratica, è l’opposto di quanto ha sempre preteso di fare l’Archeologia accademica. Soprattutto quella “togata” come la definisce chi scrive.

E da ciò – ancora secondo il Direttore del Parco pompeiano – deve scaturire l’attenzione alle implicazioni sociali delle aree archeologiche extra moenia, dal Parco di Pompei sempre “attenzionate” peraltro, come ha dimostrato la grande partecipazione delle “gente” alla re-inaugurazione del piccolo Museo di Villa Regina a Boscoreale, a me caro.

Concludendo, l’originalità del pensiero dell’archeologo e autore del libro risiede nel fatto che egli esplora anche il percorso inverso, cioè la lettura del passato e del suo contesto attraverso il presente. L’archeologia diventa dunque antropologia fenomenologica circolare e il protagonista del quotidiano vivere antico diventa l’uomo del dasein, non certo l’UOMO, tutto in maiuscolo, mai forse esistito. Sono temi sempre al centro della filosofia da Hegel, fino a Jaspers e Heidegger. E forse non è un caso che ce li riproponga un madrelingua germanico, sia pure naturalizzatosi italiano.

Secondo l’autore, in questa ottica nuova, ontologica, può essere vista e ripensata anche la tanto romantica e suggestiva “Sindrome di Stendhal”, la quale potrebbe essere alla fine una suggestione parascientifica di un particolare soggetto, dotato certo di sensibilità artistica, che – in giro per chiese e monumenti a mirare volte e affreschi, a destra e a manca, con il naso all’insù – induce a se stesso una insufficienza di circolazione nelle arterie vertebrali, tale da generare una vertigine, interpretata come una “estasi artistica”.

Alla fine, però, lo stesso Zuchtriegel ha concluso sorridendo e ha confessato, con onestà intellettuale, che forse soltanto a Pompei, preso dal suo incanto unico, egli si sente “disponibile” alla Sindrome di Stendhal!! E anche da qui, forse, il titolo del Libro “Pompei. La città incantata”.