Pubblichiamo, a tre mesi dalla sua morte avvenuta il 7 agosto 2023, il nostro saluto a Mario Tronti, al quale il Centro per la Riforma per lo Stato, di cui fu Presidente, ha dedicato lo scorso 8 novembre una giornata di studi.
Mario Tronti se ne è andato poco fa a 92 anni. Vicino Terni, in una comunità camaldolese dove si era ritirato e dove lui – diceva – aspettava serenamente la morte “magari coltivando le sue rape“. Forse è andata proprio così, a suggello filosofico di un’esistenza di pensiero vissuta tra le tempeste della teologia politica operaia e delle profezie pagane dell’operaismo.
Pensiero biforme il suo. In una prima fase tutto classe operaia e capitale e in una seconda tutta primato del politico, con una terza fase più romantica e messianica ma disillusa e forse in attesa di un rivolgimento indefinito.
La prima fase è quella dellavolpiana: scienza marxista, centralità di Marx, lavoro astratto alienante e rivoluzione. Dalla scienza oggettiva con Raniero Panzieri e Quaderni Rossi, nasce l’epopea di Operai e Capitale del 1966, Einaudi, che ispirerà Potere Operaio e dal cui sovversivismo politico Tronti restò distante, benché quel libro girasse in fotocopie come una reliquia sia tra avversari che tra ammiratori. Tesi: la classe operaia come “lavoro vivo” è il sangue ribelle del Capitale. Lo incalza, ne rovescia tecniche e gerarchie e al contempo lo spinge a ristrutturarsi e a mutare la sua composizione, costringendolo a subire la forza del lavoro vivo e nondimeno ad implementare la tecnica e la produttività. Come nel marxiano, celebre Frammento sulle macchine. Rivoluzione era allora per Tronti questa insurrezione permanente senza valori o finalismo, salvo l’autonomia ribelle operaia, “rude razza pagana” senza coscienza dall’esterno. Era il dellavolpismo di sinistra, collettiano tipo primo Lukacs di Storia e coscienza di classe, che era tutt’uno con la rivolta “dentro e contro” il feticismo della merce. E contro la merce stessa che il lavoro salariato era. Dentro e contro lo sviluppo. Una visione originale, poi radicalizzata in senso sovversivista e anche violento da Potere Operaio e Toni Negri.
A metà dei settanta la svolta di Tronti assieme a Cacciari: autonomia del Politico. Schmitt, Nietzsche, la Grande Politica, il Berlinguer rivoluzionario conservatore. E torna qui lo Hegel giovane politico, post giacobino e storicista, ma non determinista, usato come pensatore che usa il sapere, gli specialismi e i chierici come alimento del primato della politica. Ovvero, occasione per un balzo delle forze produttive nella crisi della centralità operaia dentro il declino del welfare e l’offensiva capitalista, a sua volta stimolata dalle lotte operaie. Non è una vera e propria conversione perché Mario, uomo mite e tenace, non aveva mai rotto col Pci così odiato dai suoi seguaci operaisti. Anzi fu sempre iscritto alla sezione Ostiense sua zona e poi persino membro del Comitato Centrale e Senatore Pd nel 2013 con Bersani. Mentre fu anche docente a Pisa.
L’ultima fase trontiana che dirige anche il Centro Riforma dello Stato, è tutta di resistenza alla sconfitta e al riflusso liberale del Pd. Fase critica oppositiva alla neutralizzione tecnica e capitalista. Fase di attesa di un ritorno e di un rivolgimento magari attraverso una lunga fase socialdemocratica di controllo dell’accumulazione capitalista. Ma con dietro la speranza di una nuova temperie globale, nei cui spiragli infilare ancora l’iniziativa organizzata per un capovolgimento politico romantico e rivoluzionario.
Rovesciamento conservatore e rivoluzionario, lo abbiamo detto, di cui scorgeva la speranza anche nei fermenti viventi della fede religiosa nel mondo globale. Lo salutiamo così, con affetto e con rispetto. Perché, come che sia, ha acceso i pensieri della nostra gioventù, stimolato il nostro marxismo, lanciato una sfida teorica alla democrazia liberale dentro la democrazia. Dentro e contro il dominio pur con accenti chiliastici e contraddittori rispetto a tanto suo realismo.
E in effetti Mario Tronti resterà per sempre nel nostro zaino fatto di quei cinque o sei libri che porteremmo sempre con noi nel caso dovessimo andarcene su un’isola o su un monte cast away.
Ciao Mario, e scusaci qualche impertinenza di troppo durante e dopo gli anni orribili Renziani, quando eri ancora senatore. Ci apparisti troppo cedevole col renzismo. Chissà diciamo che magari eri diventato più tattico e paziente di me…