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Riprendiamoci il pensiero

by Bruno Gravagnuolo
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Svolta linguistica. Si designa così il rivolgimento filosofico novecentesco che ha trasformato la domanda sull’essere in investigazione dei suoi modi di dirsi tramite il linguaggio. E c’è di tutto in questo. Analisi logica dei contesti, teoria dei giochi linguistici, poesia e verità, ermeneutica, narrativa, grammatologia. Genealogia del potere, paradigmi, etc. E insomma è ‘il non esistono fatti ma solo interpretazioni’.

Si sbriciola così in questa chiave ogni domanda sul senso delle cose che non sia decifrazione dei vettori di senso arbitrari, sottesi alla potenza semiologica del dire. E dell’immaginario che lo sottende o a cui esso allude. Unico orizzonte di senso resta così l’espressività dell’inesprimibile vitale depurato da senso alcuno. Ovvero, il linguaggio che manca la certezza o vi allude impotente. Wittgenstein.

Nella migliore delle ipotesi un residuo della domanda sulla verità, per il resto affidata al pensiero negativo e decostruttivo. Affiora un termine di radice bataillana – Bataille – cioè de-pensare. Che cosa significa non pensare! Fare de-pensée, spreco e getto del pensare come un che di arbitrario e ingannevole. Benché poi, assumendo l’idea di ingannevole, si ripristina un che di non ingannevole. Un fondo o fondamento vero. Ma questa è un’altra storia. La stessa però che affonda ogni scepsi nichilista: tutto falso ma allora è vero che tutto è falso!

Ma i nostri debolisti post-moderni de-pensano e rifiutano un passaggio logico così elementare. Si collocano al lato del pensare o fuori. Bene. È un approccio quello dello smascheramento che ha dato contributi inestimabili alla psicologia e alla psicologia del potere. Alla critica dell’ideologia tra Marx, Nietzsche e Freud.

E però, ecco una piccola domanda. Anzi due. Come si sfugge alla questione di affermazioni sensate e adeguate su quel che c’è fuori? Ma anche su quel che c’è dentro? Dentro lo psichico, che vive il senso e la necessità dell’incontraddittorio come istanza bio-logica? Pena la destrutturazione di ogni suo dire ed esistere stesso? E ancora: la scienza moderna ha integrato Newton e la relatività, ha rivoluzionato la nostra percezione del tempo e dello spazio, riuscendo però a descrivere con equazioni appropriate le quattro leggi: forza debole, forte, gravitazionale ed elettromagnetica. Con una costante che funziona: la velocità della luce. Addirittura la scienza, oltre a far funzionare questi aggeggi e questa tastiera, o i satelliti, o le diagnosi mediche, si spinge a parlare di teoria cosmologica del Tutto! Non un big bang ma innumerevoli big bangs nel vuoto pervaso di fluttuazioni quantiche. Parrebbe allora che accanto all’alcunché di campi energetici addensantisi, vi fosse miliardi e miliardi di anni fa il nulla! Nulla relativo si intende come vuoto cosmico. Quantico. Sicché il tempo comincia ad esistere – cade là diceva Hegel! – e non è eterno, o infinito circolare come pensava Nietzsche. Insomma, come è possibile che tanta parte del pensiero contemporaneo se ne infischi di tutto questo e non senta il bisogno di riprendere in mano il tema di ciò che è. Con tutto il rispetto per ciò che non è, che pure ha una sua dignità e merita di essere decifrato.

Già perché anche la non verità e la menzogna, o la parvenza, o l’illusorio, hanno una loro profonda ragion d’essere effettuale. Una loro verità ‘falsa’.

Scusate la stramba digressione. Chiedo, per un amico fastidioso come un’ape direbbe Nietzsche, che mi molesta con questa storia noiosa del pensare.

Non sopporta quest’orgia di assenza e inesprimibile. Non ne può più. Dice che per lui è una questione di principio. Persino etica! Roba da matti in questo mondo savio.