Nella terna dei candidati, sezione narrativa, del Premio Napoli 2023 vi è Nei mari di Ulisse, sulle tracce di Omero alla scoperta di Palmira, di Maria Teresa Giaveri, Neri Pozza, i colibrì, 2023.
Un romanzo a scatole cinesi, nel senso che nel primo contenitore narrativo si inseriscono altri fili di racconto che si intersecano e si completano a vicenda. Partiamo dalla cornice. Su di un trealberi, il Matilda, si imbarcano a Napoli tre nobili inglesi, studiosi appassionati di Omero. Il loro obiettivo è ritrovare le tappe del nostos di Ulisse lungo le coste del Mediterraneo, da Smirne a Costantinopoli, dalla collina di Hissarlik all’Egitto, raccogliendo dati e testimonianze archeologiche non solo già note, ma a volte del tutto nuove, scoprendo così gioielli inaspettati come le rovine di Palmira e di Baalbeck. Una sorta di Schliemann, ma un secolo prima.
La Giaveri, studiosa di letterature moderne, traduttrice e giornalista, è partita da una vicenda realmente accaduta e raccontata nei diari di bordo del gran tour (1750/1753) che porterà alla pubblicazione di The ruins of Palmyra di Robert Wood, uno dei tre studiosi che salpano sulle tracce di Ulisse. Wood, insieme con James Dawkins e John Bouverie e il disegnatore italiano Giovanni Battista Borra, pubblicò i risultati dei suoi viaggi nel 1753 e nel 1757, sia in inglese che in francese (Les ruines de Palmyre, autrement dite Tedmor, au desert. London 1753 – The ruins of Palmyra; otherwise Tedmor in the desart. London 1753 – Les Ruines de Balbec, autrement dite Heliopolis dans la Coelosyrie, London 1757 – The ruins of Balbec, otherwise Heliopolis in Coelosyria, London 1757 – An essay on the original genius of Homer, London 1769), tutti curati da Wood e tutti stampati grazie al contributo economico di Dawkins. Questi testi furono tra le prime sistematiche opere di pubblicazione di siti archeologici con disegni ed illustrazioni ed influirono notevolmente sul nascere dell’architettura neoclassica in Europa.
La Giaveri ci racconta dunque il viaggio di esplorazione e scoperta in cui i tre gentiluomini – attraverso discussioni, letture del testo omerico, ricordi di gioventù – scoprono luoghi ma soprattutto se stessi e gli altri. Forse in questa ricerca si adombra anche la ricerca personale dell’autrice, che porta per mano i suoi personaggi ma a sua volta è accolta come voce narrante e invisibile testimone in questo thiaso felice di studiosi. Il loro lungo viaggio su una nave fornita di tutte le comodità per dei giovani aristocratici, nonché di una biblioteca ricca di testi classici con edizioni rare e ottimamente commentate di Omero, è allietato dalla lettura di brani dell’Odissea (nella traduzione di Paduani). Si apre così l’altra scatola narrativa. I tre studiosi discutono di poesia, dell’esistenza stessa di Omero, fino alla domanda clou posta da Borra: «L’avventuriero che giunge a Itaca e rivendica il trono si chiama davvero Ulisse?»
Ho trovato questi inserti narrativi particolarmente interessanti e poetici, molto più della scatola narrativa principale. Forse perché l’autrice qui è libera dalla necessità di attenersi alla vicenda storica realmente accaduta, in cui doveva dare conto delle caratteristiche dei tre gentiluomini e della loro reale vicenda. Negli inserti narrativi classici è ripercorso in maniera originale il viaggio dell’avventuriero greco che giunge ad Itaca autoproclamandosi re, padre di Telemaco ma della cui identità nessuno può ormai più fornire prove. E’ davvero lui o è un predone, assassino che ne ha rubato l’identità e di cui Penelope si serve per garantire il trono a Telemaco, una volta eliminati i Proci? Perché il primo aggettivo che viene attribuito ad Ulisse è polytropos, l’uomo dalle molteplici menzogne? Una lettura spettinata, come dice l’autrice, come fosse anch’essa ispirata e percorsa dai venti marini. Del resto ventiquattro sono i capitoli del libro tanti quanti quelli dell’Iliade e dell’Odissea a sottolineare che il filo che congiunge l’autrice, i personaggi e il lettore è ancora e sempre Omero nelle infinite possibilità di lettura che il testo antico offre ancora.
Nei mari di Ulisse è un testo narrativo che dimostra la vitalità dei classici, amati e studiati dall’autrice, che invita a tuffarsi nei mari di Ulisse senza pregiudizi, viaggiando con lei nel romanzo. Noi lettori ne riportiamo la convinzione che chi ha un percorso di studi e lavoro come la Giaveri non può fare a meno di rimanere ancorato a quella bellezza antica.