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Biodiversità degli oceani, l’Arpac all’Institut Français di Napoli

by Luigi Mosca
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UO Comunicazione e Urp dell’Arpa Campania

 

La presidenza francese dell’Unione europea, da gennaio a giugno del 2022, si è contraddistinta per un intenso impegno a tutela dell’ambiente marino, culminato dopo la conclusione del semestre nella stipula del trattato mondiale sulla biodiversità degli oceani, nell’ambito del quale l’Ue ha svolto un ruolo fondamentale di impulso. Con oltre 20mila chilometri di coste (compresi i territori d’Oltremare) la Francia è uno dei più grandi stati costieri al mondo e dunque, forte di questa caratteristica geografica, si propone come leader nella protezione degli ecosistemi marini, tanto da illustrare le proprie politiche di settore in innumerevoli eventi. Questo è accaduto ad esempio la settimana scorsa a Napoli, nella sede dell’Institut Français, dove la console Lise Moutoumalaya, presenti i principali attori locali della protezione dell’ambiente marino – tra questi la Stazione zoologica Anton Dohrn, l’Agenzia regionale per l’ambiente, l’Amp Parco sommerso di Gaiola – ha ricordato le tappe più significative del percorso avviato dalla repubblica d’Oltralpe per la salvaguardia di oceani e habitat marini, nel corso di un incontro organizzato dall’avvocato Giuseppe De Vita, esperto di diritto internazionale e autore di saggi sulla materia, alla presenza anche del vicepresidente della Camera Sergio Costa.

 

 

Per l’Arpa Campania è intervenuto Giuseppe Onorati, dirigente della UO Mare, presente anche il direttore generale Stefano Sorvino che ha incontrato le autorità coinvolte nell’incontro, allo scopo di rafforzare le collaborazioni in corso. Nel corso dell’evento la console ha sottolineato l’impegno quotidiano dell’agenzia ambientale della Campania a tutela della salubrità delle acque della regione. Il dott. Onorati ha ricordato le competenze dell’agenzia in materia di tutela dell’ambiente marino e della salute di coloro che sono tra i primi fruitori del mare – i bagnanti.

«Arpac», ha sottolineato Onorati, «deve come compito istituzionale garantire che le coste della Campania siano controllate costantemente. Si tratta di un impegno considerevole, e sebbene non possa essere vista come un’attività sperimentale, è comunque un’operatività tecnico-scientifica, dal momento che dobbiamo misurare lo stato del mare in ottemperanza alla normativa, sia a tutela degli ecosistemi che della popolazione».

A tale scopo l’Agenzia dispone di una flotta di sette battelli, che supportano le verifiche finalizzate a evitare che lo stato del mare possa creare problemi alla salute dei cittadini. I punti dove viene svolto il monitoraggio, lungo tutto il litorale della regione, sono più di trecento e le determinazioni analitiche svolte ogni anno, in particolare quelle microbiologiche, sono più di 5mila.

I prelievi vengono svolti in ogni punto con cadenza almeno mensile (ma con frequenza maggiore in caso di emergenze) e – ricorda ancora Onorati – «in caso di non conformità avvisiamo i comuni affinché prendano provvedimenti immediati per tutelare i bagnanti e si attivino per eliminare le cause dell’inquinamento». In caso di superamento dei limiti di legge per le concentrazioni di batteri fecali, oltre che nel punto non conforme vengono svolte verifiche anche in punti vicini per delimitare il fenomeno.

Se il monitoraggio delle acque di balneazione ha un’evidente rilevanza sanitaria, c’è poi un monitoraggio che è svolto eminentemente a tutela dell’ambiente, che discende dalla normativa sulle acque prevista dal decreto legislativo 152 del 2006. Un monitoraggio, quest’ultimo, che si basa in buona misura su parametri chimici e si svolge non solo nella fascia marina più vicina al litorale, che è quella principalmente interessata dalla balneazione, ma anche più a largo. Si studia, ad esempio, l’abbondanza delle sostanze nutritive presenti nelle acque, citata spesso tra le cause di proliferazione di alghe e si verifica la qualità dei sedimenti.

«Ricordiamo quello che è successo questa estate», ha osservato Onorati, «in particolare lungo le coste del Golfo di Napoli e specificamente a Posillipo e lungo la riviera di Chiaia. Il mare, in alcuni giorni di luglio, si presentava di un colore verde insolito, quasi fluorescente: anche i satelliti del programma europeo Copernicus hanno mostrato questa anomalia. È scattata la preoccupazione per la salute dei cittadini e l’agenzia per l’ambiente ha messo in campo immediatamente verifiche straordinarie sulle condizioni di balneabilità. Come ci aspettavamo, l’inquinamento fecale è risultato inesistente, e si sono piuttosto riscontrate fioriture algali frutto di meccanismi più complessi, in cui un ruolo chiave sembra essere giocato dalle temperature dell’acqua, che a inizio luglio sono aumentate tanto in pochi giorni, portando a record storici nel Mediterraneo, con punte di 29 gradi».

 

 

Il “mare verde”, le cui immagini sono dilagate sui social, sono dunque un altro effetto, probabilmente, dei cambiamenti climatici. «Quando si verificano cambiamenti improvvisi di un parametro fondamentale come la temperatura del mare», ha spiegato Onorati, «le reazioni degli ecosistemi possono essere del tutto inaspettate». Nel corso dell’estate, il fenomeno delle acque “fluorescenti” si è ripetuto in altre aree della Campania, perfino nel Cilento contraddistinto in genere da acque di particolare trasparenza.

L’ultimo pilastro delle attività di controllo e di studio dell’ambiente marino è la cosiddetta “marine strategy”, che discende da una direttiva europea e che si basa soprattutto sul monitoraggio delle specie degli habitat marini, anche vegetali come la posidonia. «Ci si è accorti», ha detto il dirigente Uo Mare Arpac, «che non basta fare il monitoraggio delle acque di balneazione o studiare il chimismo delle acque, anche a largo, per capire come si trasformano gli ecosistemi. La mappatura della posidonia, per dire, fornisce utili indicazioni per comprendere il grado di alterazione degli equilibri naturali. Tuttavia, rispetto alle attività di ricerca naturalistiche condotte a terra, quelle svolte a mare sono generalmente onerose. Si richiede, come è ovvio, mezzi nautici, oltre a strumentistica complessa, con costi elevati che non sempre sono alla portata di enti quali le Arpa. Occorre dunque reperire finanziamenti integrativi, e nel caso italiano la marine strategy è promossa direttamente dal ministero dell’Ambiente, con finanziamenti ad hoc che garantiscono risorse a tutto il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. Il sistema-Paese sta facendo uno sforzo per garantire la massima attenzione a una delle sue risorse più preziose, tuttavia si potrebbe investire di più, tenendo conto che – tra attività istituzionali, controlli a supporto delle forze dell’ordine, interventi emergenziali, eccetera – il volume di attività garantito dalle Arpa è davvero notevole».