Nicchia di distacco con accumulo alla base del versante.
Gli Autori sono, rispettivamente, Direttore Tecnico e Funzionario di Arpac.
L’uso dei droni per indagini ambientali rappresenta un’opportunità sempre più necessaria da impiegare durante i sopralluoghi ispettivi.
ARPAC ha effettuato un primo test su un’area interessata da fenomeni di dissesto idrogeologico. Il rilievo ha avuto come fine quello di:
- ricostruire l’assetto geologico e geomorfologico locale;
- comprendere la genesi dei fenomeni gravitativi in atto;
- individuare l’eventuale presenza di specie ed habitat prioritari, pregresse o attuali.
A tale scopo è stato utilizzato un DJI Mini 2 SE, SAPR (Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto) che ha consentito di effettuare riprese aeree ad elevata definizione grazie al sensore CMOS (utilizzato per convertire le immagini in dati), alla possibilità di registrare video da 12 MP in formato Full HD e di scattare foto grandangolare a 180°. Inoltre, grazie al suo peso inferiore ai 250 g, questo tipo di drone rientra nella Classe A1 (voli che si svolgono sopra le persone) della Categoria Open del regolamento EASA, che permette un utilizzo molto flessibile dello strumento, senza il bisogno di particolari autorizzazioni preventive, fatta eccezione per le dovute verifiche relative all’eventuale presenza di no fly zone, effettuate attraverso la piattaforma d-flight.
L’impiego di un SAPR per le operazioni di rilevamento sia geologico che botanico, ha determinato un miglioramento della qualità del lavoro svolto, consentendo un rilievo di dettaglio di aree altrimenti non accessibili e, allo stesso tempo, permettendo una visione d’insieme dell’intero settore d’interesse. Grazie alle immagini catturate dal drone è apparso evidente come le forme e i fenomeni caratterizzanti l’area in esame (calanchi, crolli, colate detritiche, ecc.) siano presenti anche nelle adiacenti porzioni di territorio con il medesimo assetto geologico e morfologico. Da un punto di vista botanico, le immagini del drone, associate ai rilievi a terra, hanno consentito di rilevare la perdita degli habitat che probabilmente occupavano tale porzione di territorio.
In conclusione, lo studio, nell’evidenziare uno scenario di instabilità naturale, ha mostrato un potenziale contributo nei fenomeni di dissesto anche di origine antropica. In particolare, l’impermeabilizzazione del suolo, con aumento delle aliquote di ruscellamento, la inefficace o non idonea regimazione di tali acque, con scarichi indiscriminati sulle aree di versante, potrebbero aver favorito e accentuato il già precario assetto geomorfologico dell’area, aspetti questi che l’utilizzo del drone ha consentito di indagare in tempi molto più rapidi e con la raccolta di una maggiore quantità di dati.
Crollo ed erosione di versante nei livelli sabbiosi dei depositi piroclastici con conseguente pericolo di crollo delle strutture antropiche coinvolte.