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Il “Panuozzo di Gragnano” diventa marchio collettivo

by Federico L.I. FEDERICO
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Se la Pizza è sua Maestà, la Regina della Cucina Napoletana “street food”, il suo Principe Consorte è il Panuozzo, anzi il “Panuozzo di Gragnano”, perché nel caso del Panuozzo la sua denominazione di origine è fusa nella locuzione culinaria.

Il Calzone potrà essere il principe ereditario, non di più, anche se contende alla Pizza Fritta una seria fetta di mercato tra gli aficionados nostrani.

Il Panzerotto, da non confondere con il “panzarotto” napoletano/crocché di patate, comunque – buon ultimo per numero di consumatori, ma non certo ultimo per qualità – lo consumano i restanti regnicoli, nel senso di abitanti del Regno del Meridione, che se lo contendono tra il tavoliere pugliese e la catena silana calabrese.

E arriviamo in Sicilia, dove regna lo “Sfincione“, una pizza alta e morbida, condita con acciughe, caciocavallo, cipolle e carciofi, la quale è un vero bouquet esplosivo di sapori e di odori.

Abbiamo appena tracciato sbrigativamente la mappa gastronomica della pasta cresciuta. Ma non crediamo nemmeno per un attimo di avere esaurito l’argomento bollente e ghiotto della pasta cresciuta del nostro SUD, da sempre terra di grani straordinari.

L’ispirazione per l’incipit di questo articolo – che sottoponiamo al lettore del nostro giornale, Gente e Territorio, sperando nella sua paziente magnanimità – ci è venuta grazie a una notizia che negli ultimi giorni ha attraversato, come un lampo troppo breve, una parte della Stampa che non è riuscita a darle il dovuto risalto.

Indifferenza o sotterranea congiura? Intanto ci pensiamo noi a rilanciare la notizia, dopo però avere precisato a chi non lo conosca che il prodotto da forno noto come Panuozzo di Gragnano, quando è appena sfornato risulta come una sorta di grande panino di forma molto allungata, traboccante di ingredienti appetitosi, ma boccheggiante per l’alta temperatura, frutto di una seconda cottura al forno. Sì, proprio così. Nel caso del Panuozzo, si tratta proprio di una seconda cottura.

Infatti, il Panuozzo viene impastato con lo stesso impasto di quello della pizza, più o meno. Ma il suo impasto fatto di farina di grano tenero, acqua, lievito di birra e sale marino, viene messo a lievitare un paio di volte e soltanto dopo cotto nel forno a legna della classica pizza. Però due volte: la prima volta per cuocere l’impasto e la seconda volta per cuocere la farcitura e nello stesso tempo tostare l’impasto già cotto, affinché diventi l’involucro croccante del contenuto, spesso debordante, grasso e saporito.

Ma perché il Panuozzo è venuto alla ribalta proprio in questi giorni? Perché non se ne è stato accucciato nella nicchia dei suoi estimatori, che sono in numero sempre crescente, anche al di fuori della cinta daziaria gragnanese e lattara?

Ebbene, il “Panuozzo”, rigorosamente “di Gragnano”, ha ricevuto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy – tramite l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi – in data 29 agosto 2023 – la registrazione con il Marchio collettivo come: Panuozzo di Gragnano.

L’attribuzione di Marchio Collettivo indica l’avvenuto deposito di un DISCIPLINARE che svolge una funzione di garanzia del prodotto e del servizio secondo un regolamento specifico, diffuso collettivamente agli imprenditori che vogliano fare uso del prodotto che si è imposto come un’eccellenza gastronomica unica. In pratica, potranno ancor meglio produrlo e servirlo da asporto o a tavola, pur con le sue tante varianti, come succede ormai sempre più spesso anche con sua Maestà la Pizza.

Il Sindaco di Gragnano Nello D’Auria ha definito il marchio un grandissimo traguardo per Gragnano per il quale l’amministrazione comunale ha profuso grandi sforzi e ha detto anche che Gragnano è già famosa nel mondo per le sue eccellenze alimentari e ogni passo in avanti per la tutela e valorizzazione dei suoi prodotti enogastronomici è motivo di grande orgoglio per la comunità gragnanese.

I monti Lattari, dunque, da oggi – oltre che continuare a produrre prodotti caseari di riconosciuta eccellenza nazionale, come il Provolone del Monaco e il Fiordilatte di Agerola – potranno fregiarsi di questo ulteriore prodotto a Marchio collettivo per il piacere dei consumatori, soprattutto di quelli che ancora non hanno scoperto pienamente il “mondo” lattaro. Un mondo a parte.