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Il fantasma di Prigozhin nei corridoi del Cremlino

by Luigi Gravagnuolo
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Non ci sarà da meravigliarsi più di tanto se tra qualche settimana, o forse anche prima, per le strade di Mosca comincerà ad aggirarsi il fantasma di Prigozhin.

Vedrete, spunteranno altri sei sette Prigozhin. E non ci riferiamo a nuovi gangster, emulatori dell’originale, che metteranno le proprie bande armate a disposizione del capo mafia oggi al potere al Cremlino, ma a Prigozhin redivivi. Prima sui social, poi col passaparola si diffonderà la voce che in realtà Prigozhin non stava sull’aereo abbattuto, lì c’era un sosia. Lui è vivo ed è pronto, con i suoi uomini, a spodestare il vero traditore della Russia, quello che oggi occupa indegnamente il Cremlino. I nuovi Prigozhin avranno la sua stessa voce, parleranno chissà da dove, dall’Africa o da Minsk, da San Pietroburgo o da Rostov sul Don, gli somiglieranno come gocce d’acqua. E tormenteranno i sonni di Putin.

Non è fantapolitica, è la storia della Russia che ce lo dice. Tra il XVII e il XIX secolo circolarono per la Russia ventitré sedicenti zar, documentati storicamente, ed altre decine per i quali la storiografia non ha trovato adeguata documentazione. Spuntavano fuori nei periodi di transizione, dopo ogni assassinio o morte dello zar in carica. Raccontavano che lo zar di cui si diceva fosse morto in realtà era vivo e ciascuno di essi diceva di sé di essere il vero zar. Ebbero a volte anche un certo seguito e furono venerati come dèi in terra dai loro seguaci.

Ovviamente queste dinamiche potrebbero svilupparsi solo nel caso di rovesci militari in Ucraina, che vedrebbero inchiodate sul banco degli accusati le attuali gerarchie militari russe, Shoigu e Gerasimov in testa, tanto invise al cuoco mercenario. Intanto è comunque iniziata la beatificazione popolare dell’intrepido guerriero vincitore di Bakhmut e circolano già le sue icone con l’aureola dei santi sulla testa.

Putin per ora può solo tentare di ribaltare le responsabilità: confermare intanto l’incontrovertibile morte del suo ex sicario, per togliere ogni dubbio, e poi dichiarare che l’inchiesta in corso ha accertato che l’eroe di Bakhmut è stato vittima di un attentato criminale, la cui colpa cadrebbe sulla CIA, o sugli Ucraini, o magari su qualche settore dei servizi russi di cui oggi diffida e di cui nell’occasione potrebbe liberarsi.

Potrebbe andargli bene, meglio però per lui sarebbe se questo fenomeno non si verificasse del tutto e che la memoria del guerriero intrepido si andasse lentamente spegnendo. Ciò sarà possibile solo a condizione che le vicende militari in Ucraina volgano per il meglio. Già, come stanno andando?

Le informazioni che ci arrivano, in gran parte da fonti occidentali ma non smentite dalle fonti russe, dicono di un arroccamento delle truppe russe a Nord, nell’oblast di Karkiv, dove avrebbero ripreso Kupiansk e dove si starebbero assestando in vista di un’offensiva finalizzata a costringere gli Ucraini a dislocare nel Nord parte delle forze oggi impegnate ad Est ed a Sud. Su questi due fronti gli Ucraini lentamente avanzano. Ad Est hanno ormai circondato Bakhmut, dove sono ora intrappolate le forze russe ivi lasciate a suo presidio. A Sud, riconquistata Robotyne, si accingono a puntare su Tokmak, verso Melitopol.

Non è un’avanzata travolgente e non potrebbe esserlo. I ritardi con cui l’Occidente ha fornito i mezzi militari indispensabili alle forze armate ucraine e la loro insufficienza – si pensi solo alla scarsa fornitura di mezzi aerei – hanno consentito all’esercito russo di organizzare uno sbarramento difensivo mastodontico, su tre linee, nei punti più critici su cinque linee. Mine disseminate fittamente, denti di drago, fossati, bunker e copertura di artiglieria pesante che, unitamente alla indiscutibile supremazia russa nei cieli, rendono particolarmente complicata la controffensiva di Kiev.

Difficile che i rapporti di forza sul campo possano evolversi a breve a favore dell’uno o dell’altro dei belligeranti. Si pensi solo, ad esempio, al fatto che la NATO e gli USA solo nei giorni scorsi hanno deciso di fornire all’aviazione ucraina gli agognati F16, che però non saranno materialmente utilizzabili prima del prossimo inverno.

Il tempo gioca dunque a favore della Russia e di Putin, che aspetta le elezioni negli USA del novembre del ‘24 fiducioso che il suo sodale Trump o chi per lui possa tornare alla Casa Bianca. Punta perciò a resistere fino a tutto il 2024 ed intanto continua a logorare la tenuta psicologica del popolo ucraino con i quotidiani bombardamenti sulle città. Così come confida che prima o poi possa rompersi la coesione dell’Occidente e possano crearsi delle divisioni al suo interno, anche prima delle elezioni presidenziali negli USA.

Sotto questo riguardo non è che gli strateghi del Cremlino sbaglino di molto. Lo avvertiamo tutti che le opinioni pubbliche dell’Occidente, degli USA in primis, cominciano ad avvertire segni di stanchezza. Alla stragrande maggioranza degli analisti occidentali, come anche alla gente comune, appare – e non da oggi, per la verità – del tutto velleitario l’obiettivo di Kiev di riprendere il controllo di tutto il territorio ucraino segnato nelle carte geopolitiche pre 2014, ivi compresa la Crimea. Vuoi continuare la guerra fino alla cacciata dei Russi da Sebastopoli? Va bene, ti sosteniamo. ‘Ma datti obiettivi realistici e cerca di chiuderla presto, perché rischiamo noi di perdere il sostegno dei nostri elettori e tu di perdere noi’. Questo grosso modo deve essere il tenore dei colloqui in corso tra le cancellerie occidentali e Zelensky.

È in questo contesto che si spiega l’apertura di quest’ultimo ad una soluzione ‘politica’ per la Crimea. Più un’iniziativa tattica rivolta all’Occidente che non un’apertura reale, della serie: ‘Vedete? noi siamo disponibili, ma i Russi? e voi vi fidate di Putin?’.

D’altra parte, anche Zelensky ha la sua opposizione interna alla quale dar conto e le sue elezioni da celebrare il prossimo anno. Gli Ucraini gli perdonerebbero la cessione della Crimea e magari del Donbas e Luhans’k alla Russia dopo aver immolato decine di migliaia di giovani vite promettendo la liberazione integrale delle terre ucraine?