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Il restauro dimenticato dell’Immacolatella Vecchia

by Pietro Spirito
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Non ci stupiamo ormai più per i ritardi che si determinano nella realizzazione delle opere pubbliche: mediamente in Italia ci si impiega undici anni e mezzo per realizzare una infrastruttura. Ma ora sta nascendo un nuovo sport nazionale estremo, ancora più inverosimile rispetto alla condizione precedente e segno vero dei tempi che verranno: la mancata apertura per anni di un’opera completata di tutto punto.

Qui entriamo in una sofisticazione barocca davvero stupefacente. Quando alla fine di un percorso lungo una quaresima, con ostacoli indicibili di ogni sorta, l’opera è stata realizzata, si affaccia ora imperiosamente la nuova frontiera della burocrazia: la paralisi da inaugurazione.

Si tratta di una specializzazione olimpica che non vede altri concorrenti su scala mondiale. Storicamente era finora esattamente il contrario: bisognava anzi organizzare spesso inaugurazioni finte per placare la fame di cerimonie per i committenti politici in astinenza di nastri da tagliare. Ma i tempi stanno cambiando, e dovremo tenerne conto.

Raccontiamo allora una storia che può fare scuola, tracciando un orizzonte drammaticamente glorioso verso il declino prossimo venturo. Nel porto di Napoli è accumulata parte della storia della città. Uno dei monumenti che lo segnalano è l’Immacolatella Vecchia. La suggestiva palazzina di colore rosso pompeiano è legata all’evoluzione urbanistica dell’area compresa tra le attuali vie De Gasperi, Cristoforo Colombo e Nuova Marina.

Il palazzo dell’Immacolatella (propriamente edificio della Deputazione della Salute) è uno dei palazzi di interesse storico-artistico di Napoli. La struttura monumentale è collocata tra la calata del Piliero e la calata di Porta di Massa. Il palazzo fu fatto costruire da Carlo di Borbone negli anni Quaranta del XVIII secolo, in occasione della risistemazione del fronte a mare tra il molo grande e il castello del Carmine, al fine di ospitare la sede della Deputazione della Salute.

Originariamente collocato di fronte al porto piccolo (il mandracchio) su un molo e collegato tramite due ponti che racchiudevano il piccolo bacino, dopo l’Unità d’Italia gli è stato aggiunto un prolungamento dinanzi l’entrata e per i lavori di ampliamento dell’area portuale si è ritrovato inglobato nella nuova colmata della calata Porta di Massa.

L’architetto a cui è stato affidato il progetto è Domenico Antonio Vaccaro, il quale creò un apparato barocco di pianta ottagonale. L’edificio è caratterizzato dalla statua della Vergine Maria, che svetta alla sommità dell’edificio e che gli dà il nome più conosciuto. Attribuita tradizionalmente allo stesso Vaccaro, la statua è invece opera dello scultore Francesco Pagano, il quale ha scolpito anche alcuni simbolismi sempre presenti sulla sommità.

All’esterno dell’edificio due lapidi ricordano i 101 marinai e portuali periti in seguito all’affondamento, nel porto di Napoli, dell’incrociatore Attendolo (1942). L’antico edificio ha visto nella sua lunga storia tutto il dramma dell’emigrazione italiana. È da qui che, tra fine Ottocento e inizio Novecento oltre due milioni di emigranti del Mezzogiorno d’Italia partirono alla volta delle Americhe; oggi, invece, qui attraccano le navi che collegano il porto partenopeo con varie mete del Mediterraneo.

I cambiamenti urbanistici del Risanamento e la ricostruzione post Seconda guerra mondiale, hanno mutato notevolmente tutta l’area; la palazzina si è trovata ad essere circondata non più dal mare ma dalla terra ferma. E’ legata idealmente alla vicina chiesa di Santa Maria Portosalvo: qui i pescatori e i migranti pregavano prima di imbarcarsi. Fino agli anni ’70 del Novecento, ogni 30 giugno, da qui partiva una processione in onore di Santa Maria di Porto Salvo.

Per un breve periodo del XIX secolo il Palazzo è stato abbellito con la fontana del Gigante, nota anche come fontana dell’Immacolatella proprio per questa sua collocazione. Oggi la fontana si trova in Via Partenope nei pressi del Castel dell’Ovo e del Borgo Antico di Santa Lucia.

La struttura è stata radicalmente restaurata nel biennio 2019-2021, con un lavoro filologico che ha consentito di recuperare il perimetro originario della prima costruzione rispetto a tutte le successive superfetazioni che si sono succedute nel tempo. Ebbene, sono ormai passati due anni dalla conclusione dei lavori, e questo splendido restauro è ancora avvolto in un incantevole mistero. All’esterno tutto è serrato, come se il cantiere fosse ancora in corso, pur se si riconoscono dalle facciate i tratti del restauro realizzato,

E’ vero, viviamo da tempo in un Paese in cui i misteri eleusini sono diventati scioglilingua per i bambini delle scuole elementari. Però, una storia come questa supera la più fervida immaginazione. Ma come, i lavori per la ristrutturazione del palazzo della Immacolatella Vecchia sono stati completati da due anni, e tutto resta chiuso?

Ecco, se ci abitueremo anche a questo andazzo, senza nemmeno chiedere perché possa verificarsi una anomalia così gravemente lesiva dell’interesse pubblico, allora vorrà davvero dire che non c’è più nulla da fare per invertire la tendenza al declino della nostra nazione.

Possiamo provare a chiedere sommessamente perché da due anni il palazzo della Immacolatella Vecchia resta ancora chiuso al pubblico? Oppure vogliamo consolidare il record mondiale di una opera pubblica completata, ma rimasta ancora inutilizzata, non si capisce bene per quali motivi?