Esisteva, un tempo poi nemmeno tanto lontano, la sinistra ferroviaria. Finì impigliata nella rete di Tangentopoli, ma svolse un ruolo importante nella pianificazione del sistema nazionale dei trasporti. Ora, secondo le regole bipartisan dell’alternanza, s’avanza la destra ferroviaria. La programmazione è una brutta parola da cancellare, e così si è provveduto con l’articolo 39 del nuovo codice degli appalti che seppellisce la pianificazione, per introdurre l’arbitrio del principe.
La destra ferroviaria sembra piuttosto amare gli spot, i colpi ad effetto per alimentare la propaganda. Nella società del breve periodo pensare a medio e lungo termine è un esercizio deleterio. Ha cominciato il Ministro competente nel settore, Matteo Salvini, lanciando in pompa magna, assieme ai sindaci delle due città, il collegamento diretto tra Napoli e Bari, per battere sul tempo il completamento dell’investimento in corso per quadruplicare l’asse ferroviario tra le due città del Mezzogiorno.
L’esito è controdeduttivo: mentre con il cambio a Caserta il tempo di percorrenza è pari a tre ore e trentotto muniti, con il collegamento diretto ci si impiega quattro ore e dieci minuti. Bastava aspettare dicembre 2024, quando, con il completamento del tratto tra Cancello e Frasso Telesino, il tempo di percorrenza tra Napoli e Bari si ridurrà a due ore e quaranta, per giungere, nel 2027, a due ore, quando l’intera tratta sarà stata terminata.
La fretta in genere è cattiva consigliera, ma la propaganda richiede risultati immediati, a costo di generare l’effetto opposto a quello desiderato. Mentre si stanno realizzando lavori lungo una direttrice, la capacità di trasporto si riduce e la disponibilità delle tracce orarie si contrae. La conoscenza delle caratteristiche del sistema ferroviario avrebbe indotto a maggior prudenza, ma l’ansia di prestazione è nemica dei risultati, come sanno bene gli sportivi.
A ruota di Salvini, si è posto subito il ministro Gennaro Sangiuliano, che ha chiesto a Trenitalia di allestire un collegamento tra Roma e Pompei, per valorizzare la bellezza degli scavi archeologici campani. Sangiuliano è riuscito in un doppio miracolo. Innanzitutto, il collegamento si svolgerà solo una vola al mese: praticamente sarà simile al francobollo Gronchi rosa, da cercare con fatica nell’orario ferroviario. Prossima corsa il 20 agosto.
Poi, non contento per questa operazione di filatelia ferroviaria, è riuscito a generare una asimmetria tra viaggi di andata e ritorno: da Roma si si impiega un’ora e quarantasette minuti, mentre nella tratta di ritorno il tempo di percorrenza è di due ore e quindici minuti. La fascia oraria maggiormente densa di convogli nel ritorno determina l’allungamento dei tempi. Va poi considerato il percorso tra la stazione FS di Pompei e gli scavi, realizzato con una connessione in bus.
La soluzione proposta è peggiorativa rispetto alla possibilità intermodale che già oggi esiste: collegamento ad alta velocità tra Roma Termini e Napoli Centrale (poco più di un’ora ed alta frequenza), treno della Circumvesuviana, che ferma proprio davanti agli scavi. Vero è che il servizio della Circum non brilla proprio per caratteristiche di qualità, ma qualche percorso di miglioramento dovrebbe pur essere messo in campo, prima o poi.
C’è poi la soluzione intermodale messa in campo già dal 21 giugno da Italo, il concorrente di Trenitalia. Pompei e Sorrento sono collegate con quattro corse al giorno. Si effettua il cambio presso la stazione di Napoli Afragola, dove Itabus attenderà i viaggiatori del treno Italo in arrivo da Roma, Firenze, Reggio Emilia, Bologna e Milano. Ora, è vero che Trenitalia è una azienda di Stato, ma il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini da Bari-Napoli, forse dovrebbe valorizzare tutti i servizi che il mercato mette a disposizione della clientela.
Ieri si è svolto insomma uno spot che certamente rientra nella campagna “Open to meraviglia”. Mancava solo la Ministra Daniela Santanchè, che pure era prevista nella rosa degli invitati. Per completare il capolavoro pompeiano, nel viaggio inaugurale i giornalisti sono stati messi in un vagone piombato.
Non sia mai che venisse loro in mente di disturbare il presidente del consiglio e le alte cariche istituzionali con domande inopportune in corso di viaggio. Era forse la possibile presenza della Santanchè la ragione per la disposizione sul vagone blindato per i giornalisti, poi magari non revocato per trascuratezza.
Ma, al di là dei singoli episodi di goffa conoscenza ferroviaria, esistono questioni più strutturali che non vengono affrontate. L’alta velocità è interessata, da diversi mesi a questa parte, da ritardi strutturali e prolungati senza che sia stata compiuta una analisi sulle ragioni che stanno determinando questi eventi ripetuti.
La ferrovia direttissima Firenze-Roma è una linea ferroviaria a doppio binario fra Roma (stazione di Settebagni) e Firenze (bivio di Rovezzano), progettata nel 1968. È stata la prima linea veloce realizzata in Europa, inaugurata nel tratto Roma-Città della Pieve il 24 febbraio 1977. Fu completata il 26 maggio 1992, rendendo possibile il collegamento tra le due città con un tempo di percorrenza di 1 ora e 35 minuti.
Ormai questa connessione è stata messa a dura prova dal completamento dell’alta velocità, con una architettura di rete diversa rispetto a quella più moderna realizzata successivamente. Sarebbe necessario standardizzare segnalamento ed elettrificazione per normalizzare quelle anomalie di esercizio che rischiamo di diventare invece sempre più frequenti se non si farà nulla. Nulla è previsto dal PNRR.
La destra ferroviaria non se ne occupa. E’ troppo presa dagli spot continui su innovazioni futili, ed anche inutili. Si corre il rischio di un degrado continuo della qualità de servizio mentre la propaganda tenterà di allontanare le analisi sulle cause strutturali dei peggioramenti.
Quando c’era Lui i treni arrivavano in orario, si dice, ma non è vero. Nel 1931 venne varato il “Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza” che prevedeva “l’offesa al prestigio dello Stato o delle autorità…”: anche comunicare che un treno fosse in ritardo significava disfattismo, e quindi tutta la repressione conseguente. La stampa non doveva parlarne, pena chiusura del giornale e qualche manganellata. Meglio dimenticare che i treni arrivavano in ritardo.