fbpx
Home Milano Cosa Lega Forza Italia, l’Europa e Milano?

Cosa Lega Forza Italia, l’Europa e Milano?

by Brian Curto
0 comment

Signori, abbiamo scherzato. Il centrodestra europeo non deve avere al suo interno AFD (secondo partito tedesco, 19% dei consensi) e FN, il partito dei Le Pen (probabile primo partito alle Europee in Francia). Se ne faccia una ragione Matteo Salvini, alleato di entrambi: se vuole esserci, li deve abbandonare e andare a porsi sotto tutela di FdI nel partito dei Conservatori. Questa, in sintesi, la posizione di Antonio Tajani, FI, Vicepremier e Ministro degli Esteri. Un fulmine a ciel sereno? Mica tanto.

Aveva aperto le danze Salvini che, forse improvvidamente, aveva parlato di centrodestra dando per scontato che ID, il gruppo Europeo suo, di AFD e dei Le Pen, ne avrebbe fatto parte. Escludendo l’ipotesi di una fortissima allucinazione, il secondo scenario più probabile è che sapesse delle resistenze e volesse testare la determinazione dell’avversario. Perché ora? Tra dieci giorni in FI ci sarà il momento culmine, la nomina di Tajani a reggente del partito. Qualcuno ha suggerito a Salvini che questa circostanza avrebbe impedito risposte troppo dure? Qualcuno tipo Licia Ronzulli, da sempre molto vicina al leader leghista e anima dell’opposizione interna?

Non lo sapremo mai. DI sicuro la risposta è stata il contrario di quanto ci si aspettava. Una invettiva virulenta, quasi crudele. Che mette una pietra sopra la maggioranza alternativa all’attuale, aprendo la strada ad un’Ursula bis. E vendicandosi sottilmente di Manfred Weber, artefice dell’alleanza con i Conservatori di Giorgia Meloni, colpevole di aver scavalcato l’amico Antonio, e di aver puntato direttamente sulla Premier Italiana. Insomma, per quanto nei fatti l’alleanza con l’estrema destra tedesca fosse dall’inizio più una chimera che altro, la chiusura di Tajani va letta su più piani.

Il primo è che Forza Italia non è (più, o quanto meno al momento) in vendita. La seconda è che la leadership di Tajani non sarà un compromesso vivente. La terza è che il baricentro si sta spostando da Milano, dove il partito è terreno di guerre intestine, a Sud, dove ci sono i voti. Ma concentriamoci un istante su Milano, terreno da cui è probabilmente partito lo scontro.

Durante il (breve) periodo di Licia Ronzulli commissaria Lombarda, Forza Italia sembrava estremamente compiacente verso la Lega. Nei mesi precedenti aveva perso due consiglieri regionali di peso, passati a Salvini. Prima di loro era toccato a Silvia Sardone, recordwoman di preferenze ovunque abbia corso, dal Comune di Milano alle Europee, e l’allora compagno Roberto Di Stefano, primo sindaco di centrodestra di Sesto San Giovanni. Sembrava una frana inarrestabile verso Salvini, culminata con la rimozione dell’allora commissario, l’eurodeputato Massimiliano Salini, durante le amministrative in favore della zarina di Arcore.

Zarina che ha fatto la fine dei Romanov quando, dopo le regionali di febbraio, ha negato un posto da Sottosegretario in Regione al gruppo capitanato dall’Onorevole Alessandro Sorte. Il quale è riuscito in un miracolo politico, unendo la Famiglia (Berlusconi) e l’allora (quasi) moglie Fascina contro la Ronzulli. Velocemente liquidata, anche lei sotto amministrative. Certe cose non cambiano mai. A quel punto, Alessandro Sorte, uomo che nessuno potrebbe in buona fede definire vendicativo, ha iniziato il nuovo corso del partito in Lombardia.

Nuovo corso che ha previsto di portare nel partito una serie di ex leghisti, da Max Bastoni, già Consigliere Regionale, molto vicino a Lealtà e Azione, scopertosi il sincero liberale che tutti noi abbiamo sempre sospettato fosse, oltre al Consigliere Regionale Senna, che era transitato da Azione. Più qualche altro consigliere municipale. Lanciando di fatto un assalto alla Lega Meneghina. Dando un’idea precisa di come risolvere il problema Leghista in Europa. Sapete come si mangia un elefante? Un boccone alla volta.

Mentre Sorte, quindi, è impegnato a imbandire la tavola, pare chiaro che la leadership, intesa come sistema di potere, stia traslocando verso climi più caldi. Lo aveva detto Schifani al congresso di Forza Italia di Milano: come fa un partito che, elettoralmente, vive al Sud ad essere guidato da Milano? Non può, è chiaro. A Milano FI prende il 5%, in Molise il 12%. Le Europee saranno, dunque, il momento della verità, per capire dove si fermerà il pendolino.

Roma sarà la prima fermata, con Tajani proconsole. Il resto dipenderà dal risultato del 9 giugno successivo. Se non dovesse premiare il Ministro degli Esteri c’è chi giura che si potrebbe scendere ancora, ma non oltre Napoli. Che sarebbe il compromesso ideale. Ma si vedrà.

Intanto è iniziata la resa dei conti con un Salvini indebolito che molto deve restituire di quanto preso. E già in lontananza si sente il rumore del servizio buono sistemato sulla tavola per la domenica.