“Ridentem dicere verum: quid vetat?” Con questa locuzione il grande poeta satirico Quinto Orazio Flacco, più noto come Orazio, semplicemente, nei suoi “Sermones” poneva un interrogativo a se stesso e ai suoi lettori: “Cosa vieta di dire verità allegramente?”.
Orazio era nativo di Venosa, antica città della odierna Basilicata. E Orazio, proprio come un altro suo concittadino illustre, se ne andò dalla provincia a Roma. Stabilitosi a Roma, Orazio colse grandi successi letterari, pur vivendo una vita intensa e impegnata tra i vari schieramenti politici che si contesero il primato nella Guerra Civile, che a Roma si svolse a partire dai suoi primi anni romani. A Roma, le varie fazioni furono poi alla fine sopraffatte dal sorgere dell’astro luminoso di Cesare Ottaviano Augusto, più noto come Augusto. E fu proprio Augusto che a Roma mise le cose a posto definitivamente, dando vita all’Impero Romano.
Il venosino, suo concittadino illustre, a cui noi ci riferiamo, è il Direttore Generale dei Musei Statali Italiani Prof. Massimo Osanna, che da Venosa arrivò a Pompei, per poi essere chiamato a Roma a ricoprire una carica di tutto rispetto.
Il link che mi ha indotto a rimarcare le comuni origini venosine è la grande dimensione romana raggiunta da entrambi, provenendo dalla periferia dell’Impero. Perché allora Pompei più o meno valeva Venosa e viceversa. Entrambe le città/colonie potevano contare su circa ventimila abitanti. Non erano quindi grandi città, ma certamente erano città medie, rispettabili per dimensione e vita sociale, ma non note a Roma per i livelli delle loro arti figurative o per loro particolari produzioni, se non quelle legate al mondo arcaico dell’Agricoltura. In più, Pompei aveva qualche carta da giocare via mare, ma non altro.
Ecco perché non ci ha mai trovato d’accordo l’enfasi dedicata prima da Osanna e oggi da Zuchtriegel alle cosiddette “scoperte” che a Pompei si verificano periodicamente, con una tempistica da far invidia alle grandi campagne pubblicitarie.
Certamente esse fanno bene al turismo, ma forse nessuno ha mai finora confrontato i dati della crescita delle presenze turistiche a Napoli e dintorni con la crescita, certamente importante, dei flussi turistici a Pompei. Oggi essi, comunque, si attestano a stento sui livelli pre-Covid. Non certo oltre. E questo confronto sarebbe ancora più significativo se fosse esteso all’intero ultimo decennio, visto che dieci anni fa nella crescita del Turismo a Napoli e dintorni si sperava, ma nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato.
Ma nemmeno un Euro, a quel tempo senza buchi e senza inflazione…
L’ultima scoperta della Pizza guarnita a Pompei si inquadra in questo malvezzo che incontra la perplessità degli “addetti ai lavori” del mondo dell’Archeologia, che lavorano spesso duramente e silenziosamente per tutti, ponendosi però, prima di tutto, i problemi della Conservazione delle scoperte, oltre che quello del Restauro di esse.
E nessuno si chiede quale sia oggi lo stato di Conservazione delle ultime scoperte dell’illustre venosino, ora che è passato qualche anno e si è prosciugato il fiume dell’inchiostro versato sulle “scoperte”.
Ora però limitiamoci, a dire il vero allegramente….
Benvenuta la Pizza, comunque!!
Anzi, benvenuto il primato della Pizza Pompeiana e/o Napoletana, visto che i Cinesi ci hanno scippato il primato degli Spaghetti…
Dalla Grecia però già da tempo ci contestano il primato della Pizza, proponendoci la loro Πίτσα primigenia, guarnita di erbe, formaggi o ricotte, senza grani di melograno e melasse varie, come sembra emergere dalle prime frettolose valutazioni a vista, fatte da molti sulla “scoperta” pompeiana di questi giorni.
E, visto che si siamo, teniamoci stretto anche il primato della Cassata Oplontina, anche se i Siciliani – isolani e, come tali, sempre avversari del Continente – non hanno mai riconosciuto con nettezza tale primato oplontino.
In questa logica pubblicitaria, quindi, ora non ci rimarrebbe che “scoprire” le sfogliatelle.
Ma dovrebbe uscir fuori prima la sfogliatella frolla o quella riccia?
Questo appare il vero problema.