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Cosa sta succedendo a Mosca?

by Luigi Gravagnuolo
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Riassumiamo. Sabato 24 giugno, di primo mattino, essendo stato ingannato, a suo dire ‘a tradimento’, dal comando delle forze armate regolari russe – “Oggi hanno effettuato un attacco missilistico sui nostri campi posteriori e un numero enorme di nostri compagni è stato ucciso” – il cuoco di Putin lancia un proclama in cui smonta tutta la narrativa putiniana sulla guerra e dà avvio ad una Marcia su Mosca – una Marcia per la Giustizia, così la battezza – e chiede che ad essa si uniscano i soldati regolari, destinati al macello in Ucraina a causa dell’incapacità dei loro generali. “È l’inizio della guerra civile”, grida sul suo canale Telegram, seguitissimo in Russia.

Putin dal Cremlino risponde promulgando la legge marziale. Invita i mercenari del Gruppo Wagner a disertare e promette la fucilazione ai recalcitranti. Ma la colonna wagnerita non si ferma. Incontrastata, in poche ore si porta a duecento km da Mosca. Qui sarebbe intervenuto il presidente della Bielorussia, Lukašėnka, che avrebbe mediato tra Putin e Prigozhin. Usiamo il condizionale perché nessuno sa in realtà chi e con chi ha mediato. Il capo della Wagner ordina quindi ai suoi di fare marcia indietro, poi va o viene deportato in Bielorussia. A quali condizioni, oltre la sua vita fatta salva, con quali impegni assunti e con quali garanzie nessuno sa con certezza. L’unica certezza è che Putin è restato in sella, che nessun reparto dell’esercito ha contrastato la marcia di Prigozhin e che nessun cittadino russo è sceso in piazza per schierarsi a difesa del proprio presidente. Ciononostante Putin il 27 giugno ha ringraziato le forze armate ed il popolo russo per averlo difeso ed aver evitato che fosse versato sangue russo (sic!).

La retorica del sangue russo versato è stata fatta propria anche da Prigozhin, di per sé già noto macellaio di carne umana, che aveva appena finito di denunciare l’inutile spargimento di sangue russo causato dall’improvvida invasione dell’Ucraina voluta dal Ministro della difesa russo, Shoigu, e dal generale Gerasimov, Capo di Stato maggiore delle FF.AA. russe. Lui stava marciando su Mosca per mettere fuori gioco i due leader ‘incapaci e traditori’ ed evitare così ulteriori spargimenti di sangue russo. Poi si è ritirato, lasciando al loro posto i suoi nemici dichiarati, quelli che spargono sangue russo in Ucraina, e lo ha fatto per salvare il sangue russo (ancora, sic!).

Cosa sta dunque succedendo a Mosca? Le notizie che ci arrivano sono così confuse, contraddittorie, inaffidabili che nessuno può dirlo con certezza. Figuriamoci noi. Ci aiutiamo con qualche riferimento ai precedenti storici.

San Pietroburgo, 1917, 14 marzo. Lo zar Nicola II, sotto l’incalzare delle proteste popolari, alle quali in gran numero si erano uniti i soldati, abdica. Suo fratello minore, granduca Michail non se la sente e non accetta di succedergli. Fine della monarchia dei Romanov, ma non della guerra. Si forma un governo provvisorio. Ministro della Guerra è Alexander Kerenskij, che dopo poche settimane sarà anche Primo Ministro. Il nuovo governo conferma l’impegno della Russia nella guerra a fianco degli alleati. Kerenskij va al fronte, fa il giro delle truppe e le incita a combattere fino al sacrifico della propria vita per onorare il loro dovere verso la patria. La primavera e l’estate passano tra disfatte militari e governi che si succedono. Ottobre 1917, Rivoluzione Russa, Lenin al potere e sottoscrizione della Pace di Brest-Litovsk. Fine della guerra.

Roma, 1943, 25 luglio. I rovesci militari sui fronti della Seconda Guerra Mondiale incrinano la coesione della gerarchia fascista. Nella lunga riunione notturna del Gran Consiglio, tra il 24 e il 25 luglio, Benito Mussolini va in minoranza. Dopo l’approvazione dell’ordine del giorno Grandi, il 25 luglio il Re convocò Mussolini a Villa Ada dove venne arrestato e portato via in un’autoambulanza. Il Re, già prima di ricevere il duce, aveva conferito l’incarico di formare un nuovo Governo al Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Il primo atto di Badoglio è la conferma dell’impegno dell’Italia nella guerra che la vede affiancata alla Germania nazista: “La guerra continua e l’Italia resta fedele alla parola data… chiunque turbi l’ordine pubblico sarà inesorabilmente colpito”. 3 settembre 1943, il generale Castellano a nome di Badoglio, avendo in segreto e d’intesa col Re negoziato la resa con gli anglo-americani, firma l’armistizio. Tenuto segreto per cinque giorni sarà poi reso pubblico dal Maresciallo d’Italia l’8 settembre. Ma la guerra non finisce lì. L’Italia si spacca, al Nord Mussolini, liberato dai Tedeschi, fonda la Repubblica di Salò. Inizia la Guerra partigiana. Mussolini cadrà definitivamente solo nell’aprile del ‘45. E sarà la pace.

Quando una guerra volge al termine non accade tutto in un attimo. Gli eventi si succedono in modo caotico. Sul fronte si continua a combattere, ma nelle segrete stanze della diplomazia, si tratta la pace. La transizione può durare anche mesi o anni, ma il suo sbocco è segnato.

Ecco, l’impressione netta è che, mentre sul fronte ucraino si continua a combattere, la diplomazia stia già trattando le condizioni della pace e della fine del ventennio putiniano in Russia. Con chi? Con Gerasimov? Con Shoigu? Con Surovikin? Un indizio lo ha dato Oleksiy Danilov, Segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina. Intervistato lunedì scorso da Monica Venturini per il TG1 ha dichiarato testualmente: “Lukašėnka non ha trattato con Prigozhin, ma con chi lo controlla, le élite, i politici, gli oligarchi, i pezzi grossi dell’esercito. Sono gli stessi con cui, spero presto, ci troveremo a trattare noi. E magari tra loro ci sarà anche il presidente Lukašėnka”.