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Un chirurgo racconta la sanità di ieri e di oggi

by Pietro Spirito
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Raccontare una vita di lavoro aiuta a capire come è cambiata la società italiana molto più che tante analisi sociologiche. Sappiamo bene che la sanità è diventata una delle aree più difficili da gestire, con una qualità dei servizi offerti ai cittadini che fa acqua da tutte le parti. Ci facciamo accompagnare in questo viaggio da un operatore del settore.

Giovanni De Lisa è nato a Padula; dopo gli studi classici si è iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Napoli laureandosi nei tempi previsti. Dopo il servizio militare svolto in Alto Adige in qualità di Sottotenente degli Alpini, rientra a Napoli iniziando come medico di guardia in cliniche private.

Dopo varie ricerche – senza alcun aiuto – si propone all’Ospedale Fatebenefratelli dove viene assunto e dove lavora in qualità di Chirurgo fino alla pensione. E’ stato l’unico Ospedale nel quale ha svolto la sua attività con grandissima soddisfazione personale, maturando rapporti eccellenti con i colleghi e con il personale infermieristico.

Nel corso di questi decenni è maturata la parabola discendente del sistema sanitario, successiva alle riforme che hanno consentito nei decenni precedenti di consolidarlo nella struttura e nei servizi, con il progressivo sfaldamento segnato nei tempi recenti dalla riduzione dei livelli di cura e di assistenza.

Il Servizio Sanitario Nazionale – fino a qualche tempo fa – secondo l’esperienza maturata inizialmente da Giovanni De Lisa, era il fiore all’occhiello della Sanità italiana ed europea. Capillarità, assistenza di alto livello, continuità assistenziale: quest’ultimo era l’aspetto più coinvolgente. Frequentando le corsie ospedaliere quasi tutti i giorni si poteva seguire il paziente in tutto il suo percorso, cosa oggi difficile se non addirittura impossibile. La spersonalizzazione del rapporto tra medico e cittadino comincia dall’assistenza territoriale e giunge sino alle corsie ospedaliere.

In caso di bisogno, l’ospedale era disponibile per quasi tutte le necessità. Oggi il medico, ma anche il paziente, in caso di necessità sono assaliti da un dubbio atroce: “A chi mi rivolgo?” Restano le reti dei rapporti personali, ma si è completamente rotta la rete dei rapporti istituzionali. Il diritto alla salute rischia di diventare diritto esigibile per chi possiede relazioni amicali o di conoscenza.

Intanto, quello che era stato concepito come un servizio sanitario nazionale si disarticola. La doppia velocità territoriale della sanità nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti: in caso di necessità sentiamo spesso dire che si va a cercare le cure a Milano o altrove nel Nord. Nei viaggi per congressi sono stato nelle città del Nord dove ho incontrato colleghi del Sud.

Non ho statistiche a portata di mano, ma vi assicuro che ho incontrato e conosco colleghi della Sicilia, della Calabria, della Basilicata, della Campania laureati nel Sud ed emigrati al Nord. Le disparità poi sono visibili quando si fa il confronto tra le città metropolitane (Napoli ad esempio) e i piccoli centri.

Intanto è crollato il territorio sanitario. La medicina di base – fondamentale in una società civile ed economicamente evoluta come la nostra – negli ultimi anni ha mostrato evidenti problemi dovuti a tanti motivi, non ultimo la carenza di medici e l’aumento dei contenziosi medico-legali.

Un medico, in presenza di una patologia non gravissima ma potenzialmente grave, invia senza problemi il paziente al Pronto soccorso, dove viene spesso controllato e rinviato a domicilio, con dispendio di risorse e di energie utilizzabili in altro modo.

Una delle cause alla base del degrado del servizio sanitario è la distorta interferenza della politica nella gestione sanitaria. Ovviamente non può essere messo in discussione il ruolo che la politica deve esercitare nella costruzione dell’indirizzo strategico: ciò che ha stravolto il volto del servizio sanitario è la politicizzazione della gestione, e soprattutto la torsione partitica degli incarichi medici. Oltre che l’eccessiva sindacalizzazione del personale infermieristico.

Il discorso è lunghissimo ed investe tutti i partiti politici e tutti i sindacati. Nel corso dell’attività Giovanni ha assistito a “promozioni” a livelli apicali di colleghi che non si sarebbe mai potuto immaginare che potessero raggiungere posizioni di vertice in base alle competenze.

Come è possibile riportare il servizio sanitario sul corretto tracciato? L’intervento più urgente riguarda ora la mancanza di medici, che si può contrastare innanzitutto con l’abolizione immediata del numero chiuso. I risultati non verranno immediatamente, ma si potrà in prospettiva mettere in sicurezza il servizio sanitario nazionale.

Servirà poi mettere in campo incentivi economici e di carriera per medici ed infermieri che operano nei pronto soccorso: si tratta di una frontiera che rischia di restare deserta proprio mentre le necessità di azioni e di cure immediate sta aumentando in modo costante.

Gli anziani andranno curati sempre più a domicilio, sia perché l’invecchiamento della popolazione impedisce di immaginare di mettere in campo strutture di assistenza coerenti rispetto al teorico fabbisogno, sia perché l’allungamento della vita media è destinato a portare un carico sempre maggiore di cura al servizio sanitario.

Andrà posta attenzione anche alla salute dei giovani aumentando il grado di prevenzione, magari con un ripensamento di alcune decisioni prese nel recente passato, come l’abolizione del medico scolastico. Insomma è venuto il tempo per effettuare una manutenzione straordinaria del servizio sanitario nazionale, evitando che continui a deteriorare esercitando male solo l’amministrazione di ciò che abbiamo ereditato dal passato. Molte coordinate di fondo della società contemporanea sono cambiate, è tempo per ragionare su una nuova frontiera del servizio sanitario. Vedremo cosa racconteranno nei prossimi decenni i medici che ora sono nella trincea del servizio sanitario.