Cosa sta succedendo al Premio Napoli con la nuova direzione di Maurizio De Giovanni?
Innanzitutto cambia il nome, anzi per meglio dire si amplia: Campania legge – Fondazione Premio Napoli, con l’intento dichiarato di reclutare il maggior numero possibile di lettori, specie giovani, in una regione per tradizione poco avvezza all’oggetto libro. Il 19 giugno ci saranno poi gli Stati generali della lettura. Programma ambizioso ed innovativo in un contesto come quello del Premio che si rivolgeva a giurie di lettori già appassionati, a categorie di fruitori smaliziati ed esperti.
La rivoluzione di De Giovanni sta tutta qui. Nel voler proporre la lettura, passatempo che ha bisogno di lentezza, di capacità di sognare, di concentrazione, a quelle fasce generazionali che mordono e fuggono. Senza dimenticare chi già c’è ma accostando ad essi nuovi lettori.
Trovo che l’iniziativa, per chi come me a scuola doveva imporre la lettura di romanzi, sia particolarmente interessante. Questo potrà forse voler dire che il Premio sarà marginale nell’economia della Fondazione, dato che le iniziative proposte saranno molte e coinvolgeranno chiaramente le periferie urbane troppo spesso dimenticate ma fucina di cervelli e speranze se ben indirizzare e sapientemente motivate. “Voglio che le persone si chiedano: Andiamo a vedere cosa fanno oggi al Campania Legge – Fondazione Premio Napoli, che si incuriosiscano, che siano stimolate dalla quantità di eventi che organizzeremo in sede”.
De Giovanni sarà coadiuvato da un comitato tecnico tra cui spiccano i nomi di Wanda Marasco, Maurizio Braucci, Diego da Silva. Un cerchio magico che opera spesso in collaborazione. La via dell’innovazione nel solco di una tradizione che già il precedente presidente Ciruzzi aveva esaltato e valorizzato, non è priva di ostacoli. Soprattutto per quel che riguarda i fondi. A parte la Regione e il Comune c’è bisogno della collaborazione dei privati. “Chiederemo anche agli artisti napoletani di regalare uno spettacolo unico alla città, indirizzando i fondi ricavati ad attività predeterminate e specifiche, dal restauro di singoli documenti ad elementi di singola cultura, dai grandi maestri dimenticati, come Mastriani e Serao, agli istituti culturali che restano cristallizzati nel tempo”.
E il concorso? Saranno sempre le stesse sezioni e la giuria dei lettori avrà sempre i testi da votare? Il bando è stato pubblicato, il tema quest’anno è il Mediterraneo “…il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia (Fernand Braudel). Cuore pulsante di un immenso continente afro-euro-asiatico, il Mediterraneo raccoglie la storia delle sue civiltà e le storie degli uomini che ancora oggi lo attraversano”. Le sezioni tradizionali, narrativa, poesia e saggistica, non cambiano. Dei 2800 lettori per ogni sezione, il Notaio estrarrà a sorte tra gli iscritti 400 giudici lettori (250 per la narrativa, 100 per la saggistica e 50 per la poesia) che riceveranno gratuitamente i libri. Gli altri potranno accedere alla votazione se acquisteranno i libri a proprie spese. I giudici lettori potranno, inoltre, farsi promotori di idee e progetti da sottoporre alla Fondazione per le attività solidaristiche, sociali e culturali. A coloro che non eserciteranno il diritto di voto nei tempi e nei modi stabiliti dal regolamento, sarà preclusa l’iscrizione come giudice lettore per l’edizione 2024. Restrizioni, dunque, anche per evitare la distribuzione a pioggia dei testi, spesso uno spreco.
Come si coinvolgono i giovani? Utilizzando i loro strumenti, le tecnologie a servizio della lettura. Quindi Tik-tok, audiovisivi, scrittura di minisceneggiature che possono diventare dei corto. Quali saranno i luoghi deputati alle iniziative? Ovviamente il riferimento primo saranno le scuole, le associazioni, i centri culturali. Il tutto con l’intento di far uscire il Premio e la lettura dalle mura di Palazzo Reale. Anche proprio fisicamente le iniziative si svolgeranno fuori… tra i lettori e non.
A chi contesta a De Giovanni la possibilità che il Premio venga snaturato, il popolare scrittore, fiero del suo essere popolare, rivendica la necessità che la lettura sia appunto popolare, che la fisionomia del premio sia sempre più popolare. Speriamo che questo entusiasmo sia davvero contagioso, che la tradizione sia la linfa che alimenti la voglia di leggere. La sfida è titanica perché il progetto di riforma deve dimostrare di poter cambiare senza per questo trasformare il Premio, che rimane una delle istituzioni culturali più importanti della città. Ma, secondo noi, è in buone mani. Il commissario Ricciardi docet.