Al festival internazionale dell’economia di Torino, oggi ha parlato Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale. La discussione, animata da Carmine Festa, ha avuto come oggetto “Stato è globalizzazione: chi vince e chi perde”.
Le apparenze porterebbero a dire che lo Stato stia riguadagnando terreno e potere rispetto alle traiettorie della globalizzazione, che nei passati decenni ha messo alle corde i poteri statali. Dal 2020 in avanti, per effetto della pandemia, della guerra russo-ucraina e della crisi energetica, le apparenze inducono a sostenere che siamo in presenza di un ritorno dello Stato: l’imposizione di controlli ai confini, la ripresa dell’intervento pubblico in economia, le sanzioni che gli Stati hanno applicato verso la Russia sono segnali che apparentemente indicano una ripresa dell’azione statale nella mappa delle decisioni strategiche.
In realtà, secondo Sabino Cassese, non è così. La globalizzazione non ha in realtà perso la sua forza, si sta piuttosto reindirizzando secondo gli schemi del nearshoring e del reshoring, mantenendo inalterata l’importanza degli scambi internazionali, che sono diminuiti solo in termini di prezzi ma non in termini di volumi. Le aree di influenza della globalizzazione continuano ad estendersi, riguardando aspetti sempre più vasti della vita dei cittadini, dai media alle mode, dalle abitudini di consumo alle tecnologie.
La verticalizzazione dei processi decisionali, ed anche dell’azione di governo, richiede continuità di interpreti e di comportamenti, che spesso invece stanno venendo meno nella sfera dei poteri degli Stati nazionali. Gli organismi internazionali a loro volta mostrano una sempre più debole capacità di reazione rispetto alle crisi, come dimostrano le votazioni nella Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che esprimono larghe maggioranze, rese inutili dal potere di veto che si ripete nel Consiglio di Sicurezza. Si sta allargando la forbice tra globalizzazione economica ed istituzioni globali, che lasciano spazio praticamente nullo ai cittadini.
Inoltre, la globalizzazione manifesta una posizione ambigua verso la democrazia, spostando l’asse delle decisioni rilevanti dagli organismi della rappresentanza politica alle aziende globali che condizionano la vita di ogni giorno e le scelte stesse del confronto democratico. Siamo insomma in presenza di una tensione sempre più elevata tra la voce sempre più flebile dei cittadini e la voce sempre più robusta delle grandi corporations. Nel mezzo le istituzioni del governo democratico annaspano. Un nuovo ordine internazionale diventa sempre più necessario.