POMPEI sotto POMPEI. Stavolta non abbiamo saputo, né voluto, resistere alla tentazione di copiare il titolo asciutto ed essenziale, ma vero e concreto, usato dall’amico Piero Pruneti, fondatore e Direttore di “Archeologia viva”. Essa è stata la prima grande rivista italiana di divulgazione archeologica, i cui argomenti “spaziano dalla preistoria all’età moderna con un’attenzione particolare al mondo mediterraneo”, come si legge nella sua presentazione sul sito web. Ebbene POMPEI sotto POMPEI è il titolo dell’articolo di Archeologia Viva, ma ora è anche il titolo che noi abbiamo voluto dare al nostro Articolo, aggiungendo però un interrogativo, che attende risposta, a nostro modesto parere.
Per questo confidiamo nella recente scoperta – questa volta davvero tale – verificatasi nelle Terme Stabiane di Pompei. Negli ambienti di quelle terme, famosissime tra addetti ai lavori e turisti di ogni dove, erano e sono in corso ancora oggi – mentre scriviamo – scavi archeologici. Gli scavi nelle Terme Stabiane si eseguono nell’ambito del Progetto di ricerca e campagna di scavi che è stato affidato da parte del Parco archeologico di Pompei alla Freie Universität Berlin, con la puntuale collaborazione dell’Università di Napoli L’Orientale.
In estrema sintesi ci pare quindi perfettamente calzante con la realtà l’asciutto titolo “Pompei sotto Pompei” anche perché esso conforta e sostiene quello che noi andiamo predicando da anni. E cioè che non vale la pena di allargare le aree di scavo o anche di andare ri-scavando qua e là ai bordi delle aree ancora inesplorate, o parzialmente esplorate, per ritrovare – presentandoli poi come scoperte – brandelli della Pompei romana distrutta dalla eruzione vesuviana del 79 d.C., scavati qualche decennio o qualche secolo prima da altri “scavatori” e/o archeologi. Anzi noi affermiamo che, in tali casi di ampliamento e completamento di uno scavo iniziato e non pienamente compiuto precedentemente, non risulta nemmeno opportuno ricorrere al termine: “scoperta”, ma piuttosto al termine “ritrovamento”.
Ma, non volendo apparire agli occhi del lettore bizantini o, peggio ancora, causidici, noi ci concentriamo sulla notizia in sé, senza stare ulteriormente a discettare. D’altra parte, Pompei ha cominciato finalmente e continua a rivelare elementi nuovi – troppo spesso trascurati prima – sulla storia della architettura e della urbanistica della propria fase di città antica o, anche, preromana.
Non a caso il direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, precisando che le Terme Stabiane furono scavate alla metà dell’800, ha dichiarato tra l’altro «Solo adesso viene alla luce tutta la complessa storia dell’isolato nei secoli prima dell’ultima fase di vita della città. Grazie alle nuove ricerche oggi possiamo riscrivere la storia dell’isolato, inserendovi il capitolo di una sontuosa domus con mosaici eccezionali e ambienti spaziosi, che occupava la parte occidentale dell’area delle terme fino a pochi decenni prima dell’eruzione nel 79 d.C.»
Questa volta, intanto, dalle indagini sulle fasi edilizie più antiche del grande complesso delle Terme Stabiane, che si aprono sulla via dell’Abbondanza, è emerso un pavimento a mosaico “eccezionale” di un’abitazione più antica, appartenente a un ambiente più vasto demolito per far spazio a una parte delle Terme stesse e a qualche bottega, sorta dopo il terremoto del 62 d.C.
E noi ci sentiamo di poter affermare che non è stata ancora scritta la parola fine allo scavo in corso nelle Terme Stabiane, perché riteniamo che sia lecito aspettarsi ulteriori scoperte, dato che il livello del ritrovamento si trova soltanto a circa un metro al di sotto del livello del calpestio, come risultante dopo i lavori di ricostruzione postsismica, che dovettero fare i conti con le macerie da re-utilizzare. Non sappiamo però di certo cosa possa emergere al disotto di tale livello.
Non a caso al nostro titolo abbiamo aggiunto l’interrogativo finale. E sotto ancora? Staremo a vedere. E, chi vivrà, vedrà…grandi scoperte!